L'invasione ebbe inizio il 17 giugno dell' 827 e lo stuolo in gran parte berbero (ma alla guida di elementi arabi o persiani), fu affidato al qādī di Qayrawān, Asad b. al-Furāt, grande giurisperito malikita autore della notissima Asadiyya, di origine persiana del Khorāsān. Lo sbarco avvenne nei pressi di Capo Granitola, vicino Mazara del Vallo e poi fu occupata Marsala (in arabo Marsa ‘Alī, il porto di ‘Alī o Marsa Allāh, il porto di Dio) ed entrambi i centri furono fortificati e usati come testa di ponte e base di attracco per le navi. La spedizione che voleva con ogni probabilità conquistare solo le ricchezze dell'isola, non s'illuse di poter superare le difese di Siracusa, la capitale dell'isola, ma la sostanziale debolezza bizantina e del thema siciliano, da poco uscita da un duro conflitto contro l'usurpatore Tommaso lo Slavo, fece prospettare ad Asad la concreta possibilità che l'iniziale intento strategico potesse essere facilmente mutato in una spedizione di vera e propria conquista. Superato in uno scontro dall'indeterminata ampiezza un non meglio identificato Balatas (Curopalates ?), messo in fuga presso Corleone, e superata quindi alla meglio nell'828un'epidemia probabilmente di colera che portò alla morte per dissenteria lo stesso Asad, sostituito da Muhammad b. Abī l-Jawarī per volere degli stessi soldati (Amari, 1933, I:407), i musulmani ottennero rinforzi nell'830, in parte dall'Ifrīqiya (allora impegnata a respingere l'attacco del duca di Lucca, Bonifacio II) e in maggior parte da al-Andalus, mentre in Sicilia giunse un gruppo di mercenari al comando del berbero Asbagh b. Wakīl, detto Farghalūs. Fu così possibile ai musulmani - che già avevano preso Girgenti (oggi Agrigento, rimasta sempre a stragrande maggioranza berbera) - espugnare nell'agosto-settembre dell'831 Palermo, eletta capitale della Sicilia islamica ( Siqilliyya ), quindi Messina, Modica (845) e Ragusa, mentre Castrogiovanni (oggi Enna) fu presa solo nell'859. Resisteva Siracusa e la Sicilia orientale, sede dello strategos da cui dipendevano tanto il drungariato di Malta quanto le arcontie (ducati) diCalabria, di Otranto e di Napoli. Fu necessario più d'un decennio per piegare la resistenza degli abitanti del solo Val di Mazara e ancor più per impadronirsi tra l'841 e l'859 del Val di Noto e del Val Dèmone. Toccò al generale Giafar Ibn Muhammedoccupare Catania nell' 877, e poi Siracusa, superato il blocco impostole nell'872-873 da Khafāja b. Sufyān b. Sawādan, che cadde il 21 maggio 878, a oltre mezzo secolo dal primo sbarco, al termine d'un implacabile assedio che si concluse col massacro di 5.000 abitanti e con la schiavitù dei sopravvissuti, riscattati solo molti anni più tardi. Basilio I decise allora di mandare una flotta di 140 navi comandata dal generale Nasar per contenere l'espansionismo degli Arabi, che avevano ormai sottomesso i 3/4 dell'isola. La flotta ottenne un'inaspettata vittoria navale sugli Arabi nell'880presso Milazzo, ma questa vittoria non riuscì a risollevare la situazione. L'ultima roccaforte importante della resistenza siciliana a cedere fu Tauromenium (Taormina) il 1º agosto del 902sotto gli attacchi dell'emiro Ibrāhīm b. Ahmad. L'ultimo lembo di terra siciliana a resistere ai musulmani fu Rometta che capitolò solo nel 963. Ibrāhīm II, dismessi i panni da Emiro aghlabide per il veto opposto alla sua nomina dal califfo abbaside di Baghdad, nella sua volontà di prosecuzione del jihad, tentò di risalire l'Italia per poi giungere, si disse con grande fantasia, fino a Costantinopoli. Passò pertanto lo Stretto e percorse in direzione nord la Calabria. Non trovò particolare resistenza ma la sua marcia si arrestò nei dintorni di Cosenza che forse fu la prima città a opporre una certa resistenza all'invasione. Tuttavia l'arresto avvenne probabilmente più per il disordine con cui le operazioni militari furono svolte e per la carenza di conduzione militare e di concreti risultati. Inoltre Ibrāhīm, colto da dissenteria, spirò in breve tempo e le sue truppe, al limite dello sbando, si ritirarono. Così si concluse la velleitaria conquista della "Terra grande" (al-arḍ al-kabīra). Si sa che Basilio II Bulgaroctono nel 1025 aveva progettato la riconquista della Sicilia. Ma non poté iniziarla perché morì nello stesso anno. Il piano di Basilio fu dimenticato per alcuni anni, ma poi l'imperatore Michele IV il Paflagone, ritrovando le carte del progetto di Basilio, e appena le vide ne fu entusiasta, e volle iniziare subito questa campagna di riconquista, che venne affidata al grande generale Giorgio Maniace. Durante il XI secolo nella Sicilia musulmana si ebbe una profonda crisi politica che oppose l'imam fatimida ai governatori Kalbidi, che alla fine vennero vinti e furono allontanati. Dello scontro approfittarono i bizantini che richiamati dai Kalbiti nel 1038 intrapresero un effimero tentativo di riconquista dell'isola. Alla testa della spedizione bizantina vi era Stefano, fratello dell'imperatore Michele IV il Paflagone, mentre il comando militare delle truppe era affidato al generale Maniace. Le truppe erano formate inoltre da numerosi lombardi esuli comandati da Arduino e da una compagnia di normanni/vichinghi comandati da Guglielmo Braccio di Ferro e da Harald Hardrada (futuro re di Norvegia, celeberrimo nel mondo anglo-sassone). Molti di questi erano inquadrati nella cosiddetta Guardia variaga. La spedizione usò come testa di ponte la base di Reggio Calabria e quindi varcato lo stretto, occupò prima Messina e quindi si diresse verso l'antica capitale dell'isola Siracusa. Maniace fu l'unico condottiero che riuscì, prima dei Normanni e seppur temporaneamente (sino probabilmente al 1043), a liberare la città aretusea dai musulmani. A testimonianza di quella impresa mandò le reliquie di Santa Lucia a Costantinopoli e fece costruire in città una fortilizio che ancora oggi, pur se ampliato porta il nome di Castello di Maniace. Anche il trafugamento delle reliquie di santa Agata avvenuta durante l'XI secolo avvenne probabilmente per mano delle stessa spedizione. Una leggenda vuole che, fosse stato lo stesso generale bizantino a trafugare le reliquie della santa di Catania e che, una volta partito, fu costretto a ritornare a causa di una furiosa tempesta ed a custodire la salma in una casetta, in attesa che si placasse il maltempo.
Nel 1040 tra Randazzo e Troina sconfisse le truppe musulmane di Abdallah. Nei pressi del luogo della battaglia, venne fondato il monastero di Santa Maria di Maniace. L'antico cenobio si trova oggi vicino il paese di Maniace in provincia di Catania, anch'esso battezzato così in un secondo tempo in onore del generale bizantino. Abdallah, pur sconfitto riuscì a mettersi in salvo, per fortuna o forse per un errore di strategia di Stefano che si rifiutò d'affrontarlo. Tuttavia una serie di eventi funesti, dissidi ed una rivolta di Arduino - legata a contrasti riguardanti la ricompensa - metteranno in crisi la spedizione che dovrà abbandonare la Sicilia e ritirarsi sino in Puglia. Nel 1043 alla testa dell'esercito Giorgio Maniace represse la rivolta, costituita da normanni e lombardi e grazie al buon compimento della battaglia, i suoi soldati lo nominarono Imperatore Bizantino, al posto di Costantino IX.
Πηγη: https://it.m.wikipedia.org/wiki/Storia_della_Sicilia_bizantina
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