Geróne II, citato anche come Ieróne II, (Siracusa, 308 a.C. circa – Siracusa, 215 a.C.), fu tiranno di Siracusa dal 270 al 215 a.C. Nel 270 a.C. Gerone fu accolto a Siracusa come un eroe e fu nominato tiranno (o sovrano secondo la prassi istituita da Agatocle nel 304 a.C.) della città mantenendo la carica fino alla morte. Nel periodo che seguì il tiranno mantenne stabili contatti sia con i romani che con i cartaginesi fino al 264 a.C.. In quell'anno, infatti, i mamertini, stanchi della guarnigione cartaginese stanziata a Messana, inviarono ambasciatori a Roma offrendo la resa della città e reclamando aiuto contro i cartaginesi; dopo lunghe discussioni, i Romani accettarono la richiesta ed inviarono il console Appio Claudio Caudice ad occupare Messina. A questo punto, desideroso più che mai di espellere completamente i mamertini, Gerone stipulò un'alleanza con Cartagine e partì con il proprio esercito alla volta di Messana: insieme al generale punico Annone, pose il campo nei pressi della città ed iniziò l'assedio; tuttavia, il console Appio Claudio ingaggiò un violento scontro contro le truppe punico-siracusane ottenendo una vittoria. Sconfitto a Messana, Gerone, non pienamente fiducioso degli alleati cartaginesi, ritirò le sue truppe e rientrò a Siracusa.
Appio Claudio Caudex, frattanto, decise di concentrare i propri sforzi contro Gerone e, dopo aver conquistato diverse città sicule, iniziò ad assediare Siracusa. Scaduto il mandato del console, nel 263 a.C., i romani elessero Manio Otacilio Crasso e Manio Valerio Massimo Messalla e li inviarono entrambi in Sicilia insieme a quattro legioni. All'arrivo dei consoli, numerose città sicule passarono ai Romani convincendo Gerone che le prospettive di una vittoria romana erano assai maggiori di quelle cartaginesi; pertanto, inviò diversi messaggeri al campo romano con proposte di pace ed alleanza che i romani, dopo alcune discussioni, accettarono. Con tale alleanza, il tiranno siracusano mantenne il possesso dell'intera Sicilia sud orientale, fino a Tauromenium; in cambio fu costretto a pagare una grande somma di denaro e a liberare i prigionieri di guerra.
Da questo momento, Gerone intervenne più volte in aiuto dei romani: infatti, nel 262 a.C., fornì considerevoli quantitativi di viveri ai consoli romani, impegnati nell'assedio di Agrigento e macchine d'assedio nel corso dell'assedio di Camarina ed, infine, nel 252 a.C., armò una flotta e la inviò al console Aurelio Cotta. In virtù di tali servigi, i Romani ricompensarono Gerone: nel 248 a.C., quando fu rinnovato il trattato tra Roma e Siracusa, il senato romano rinunciò ad ogni richiesta di tributo e lo incluse tra gli alleati e, nel 241 a.C., quando fu stipulato il trattato di pace con Cartagine, i romani imposero ai cartaginesi l'onere di non arrecare guerra né a Siracusa né ai suoi alleati. Negli ultimi anni, preoccupato dall'espansionismo cartaginese in Spagna, rafforzò i legami con Roma mediante una visita personale al senato ed inviò aiuti militari ai romani quando furono impegnati nella conquista della Gallia Cisalpina e per i quali fu premiato nel 222 a.C.. Poi, nel corso della seconda guerra punica, offrì una flotta al console Tito Sempronio Longo e, quando seppe della sconfitta al Trebbia, inviò di rinforzo ai romani 500 arcieri cretesi e 1.000 peltasti; sostenne Roma anche in seguito alla battaglia del lago Trasimeno e a quella di Canne(tra l'altro inviò al Senato una statua in oro della Vittoria). Livio racconta che il propretore Tito Otacilio Crasso, dopo aver segnalato a Roma che ai soldati e alla flotta non erano stati ancora pagati gli stimendia,, ottenne ancora una volta gli aiuti da Gerone, il quale donò loro il denaro necessario e una scorta di grano per sei mesi. Nel 216 a.C., morì il figlio Gelone; Gerone, invece, si spense l'anno seguente all'età di 90 anni: lasciò due figlie, Demarata e Eraclea, che sposarono due importanti cittadini siracusani, rispettivamente Adranodoro e Zoippo; gli successe il nipote Geronimo, non ancora quindicenne. Archimede di Siracusa (in greco antico Αρχιμήδης, traslitterato in Archimédēs; Siracusa, 287 a.C. circa – Siracusa, 212 a.C.) è stato un matematico, fisico e inventore siracusano. Considerato come uno dei più grandi scienziati e matematici della storia, i contributi di Archimede spaziano dalla geometriaall'idrostatica, dall'ottica alla meccanica. Fu in grado di calcolare la superficie e il volume della sfera e intuì le leggi che regolano il galleggiamento dei corpi. In campo ingegneristico, Archimede scoprì e sfruttò i principi di funzionamento delleleve e il suo stesso nome è associato a numerose macchine e dispositivi, come la vite di Archimede, a dimostrazione della sua capacità inventiva. Circondate ancora da un alone di mistero sono invece le macchine da guerra che Archimede avrebbe preparato per difendere Siracusa dall'assedio romano. La vita di Archimede è ricordata attraverso numerosi aneddoti, talvolta di origine incerta, che hanno contribuito a costruire la figura dello scienziato nella mente collettiva. Ad esempio, è rimasta celebre nei secoli l'esclamazione héureka! (ευρηκα! - ho trovato!) a lui attribuita dopo la scoperta del principio di Archimede. Nel 214 Marco Claudio Marcello fu inviato in Sicilia come consoledurante la sommossa dei Siracusani. Attaccò Leontini ed assediò Siracusa, ma l'abilità del matematico Archimede respinse a più riprese gli attacchi portati dalle truppe romane contro la città. Dopo un assedio durato due anni (in cui gli venne per due volte confermato il comando come proconsole) l'esercito romano riuscì ad aprirsi il varco nella città, catturandola nel 212 a.C. nonostante l'arrivo di rinforzi cartaginesi.All'alba, infatti, forzato l'Esapilo, Marcello, entrato in città con tutto l'esercito, spinse ciascuno a prendere le armi e portare aiuto alla città ormai occupata. Epicide dall'Isola, che i Siracusani chiamano Naso, partì con marcia veloce in direzione degli scontri, convinto di poter ricacciare i Romani. Ma quando incontrò i cittadini spaventati, li rimproverò di accrescere la confusione. E quando vide che i luoghi intorno all' Epipoli erano pieni di soldati romani, fece retrocedere i suoi verso l'Acradina. E per evitare che l'intera città fosse data alle fiamme, ricordandone l'antica gloria, prima di muovere le insegne verso l'Acradina, mandò avanti quei Siracusani che in precedenza si erano uniti ai presidi romani, affinché con discorsi calmi e moderati, convincessero i Siracusani tutti, alla resa. Plutarco ci descrive Marcello come un amante della lingua e della cultura greca e ci riferisce il suo dispiacere nel lasciare che i propri soldati saccheggiassero Siracusa. Marcello risparmiò le vite di gran parte degli abitanti ordinando ai suoi soldati di non ucciderli. Nonostante ciò, Archimede morì erroneamente per mano di un soldato. Plutarco ci riferisce che dopo l'uccisione del grande matematico siracusano, Marcello, il quale non aveva dato l'ordine di ucciderlo, deplorò l'assassinio: "distolse lo sguardo dall'uccisore di Archimede come da un sacrilego", in seguito il soldato venne ucciso per squartamento. Poco dopo Marcello ottenne una nuova vittoria nei pressi del fiume Imera contro le forze congiunte greco-puniche di Epicide, Annone e Muttine. Questa fu l'ultima battaglia di Marcello in Sicilia. All'inizio del 211 a.C. il senato romano deliberò per Marcello di prorogargli il comando come proconsole, affinché conducesse a termine la guerra in Sicilia al comando del suo vecchio esercito. Nel caso poi avesse avuto bisogno di nuovi rinforzi, gli era concesso di sottrarli alle legioni che il propretore Publio Cornelio Lentulo comandava in Sicilia, a condizione che non scegliesse alcun soldato fra quelli a cui il senato aveva rifiutato il congedo e il ritorno in patria, prima che terminasse la guerra.
Πηγή: https://it.m.wikipedia.org/wiki/Geronimo_di_Siracusa
https://it.m.wikipedia.org/wiki/Marco_Claudio_Marcello
https://it.m.wikipedia.org/wiki/Archimede
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