Σάββατο 1 Οκτωβρίου 2016

Le spedizioni Celtiche in Grecia e nella penisola balcanica

Le spedizioni celtiche in Grecia e nella penisola balcanica furono una serie di movimenti geopolitici e militari, ben attestati da fonti greche e confermati dai ritrovamenti archeologici, che, tra l'ultimo scorcio del IV e i primi decenni del III secolo a.C., determinarono la penetrazione di ondate di Celti nella Penisola balcanica fino al cuore della Grecia a lambire le porte del centro del panellenismo, il recinto sacro di Delfi. Il retroterra storico che favorì le invasioni celtiche nella penisola va ricercato nel mutato quadro degli equilibri europei: la civiltà celtica, al suo apogeo, sperimentava una fase di larghissima espansione proprio mentre sul territorio italiano si registrava l'ascesa politica di Roma; più vulnerabile era quindi il mondo ellenico, alle prese con la problematica e confusa successione ad Alessandro Magno. Le incursioni nella penisola balcanica, potenzialmente destabilizzanti, sortirono conseguenze politiche effimere: le egemonie spesso non si consolidarono o addirittura, come nel caso di Delfi e del Regno di Macedonia, non si concretizzarono neppure; laddove presero piede, come nel regno di Tylis o in Tracia, furono di breve o brevissima durata. L'unico effetto duraturo fu l'enclave dei Galati negli altopiani dell' Anatolia centrale; ma la vicenda di questo popolo, pur importante ed emblematica, ebbe un peso abbastanza marginale nella successiva storia del Mediterraneo. L'effetto perturbativo generato da quelle invasioni ebbe un ruolo nel condizionare le dinamiche politiche che erano in atto in quel nascente aggregato politico culturale che sarà il mondo ellenistico. Importantissime e durature furono invece le conseguenze culturali. I rapporti che i Celti instaurarono con il Mediterraneo, e gli interscambi che ne derivarono, aprirono la Cultura di La Tène all' assimilazione selettiva e alla rielaborazione, mai passiva, di elementi provenienti dal mondo ellenistico e cartaginese. Il fenomeno evolutivo, oltre che nel campo artistico e artigianale, incise profondamente nella sfera economico-sociale: ne sono esempi, in particolare, la diffusione della moneta, secondo modelli mediterranei, e alcuni aspetti dell'organizzazione amministrativa e urbana, che andò progressivamente modellandosi su una più complessa topologia reticolare.
Nel 280 a.C., infatti, imponenti armate celtiche si radunarono nell'area nord-occidentale della conca carpatica, e si spinsero in tre tronconi nella penisola balcanica, fin dentro la Grecia centrale.
I Greci, forse adattando un termine impiegato da quelle stesse tribù celtiche, denominarono gli invasori γαλάται, anziché κελτοί o κέλται, termine con il quale identificavano gli abitanti autoctoni delle aree grecizzate presso la colonia di Massalia. La prima delle tre armate, guidata da Keretrio, dallaconca carpatica, sommerse ad est i Triballi e la Tracia. Un secondo contingente, comandato da Bolgio, risalì con facilità la Morava, invase il Regno di Macedonia e ne catturò il giovane reTolomeo Cerauno: questi, già ferito, fu giustiziato con la decapitazione; poi, già nel 279 a.C., senza preoccuparsi di consolidare l'egemonia così ottenuta, fece ritorno nelle pianure pannoniche da cui si era mosso. Il motivo di un così subitaneo rientro può essere dovuto al fatto che le truppe guidate da Bolgio erano organizzate per una rapida campagna militare, in alcun modo finalizzata all'abbandono delle terre carpatiche di recente celtizzazione. Una contemporanea armata di ottantacinquemila guerrieri, sotto il comando dei condottieri Akichorio e Brenno, invase la Peonia e puntò verso la Grecia centrale. Ventimila di questi, a causa di malintesi, si divisero dal corpo principale e ripiegarono in Tracia sotto la guida di Leonnorio e Lutario. L'orda dei 65.000 rimanenti attraversò la Tessaglia e giunse fino alle Termopili, da dove mosse alla volta di Delfi dopo aver superato il fronte offerto dalle popolazioni della Grecia centrale, Beoti, Focidesi e gli Etoli, popolo emergente della Grecia centrale. Non sono note le ragioni di un simile proposito: probabilmente i Celti erano attratti dagli ingenti tesori che si favoleggiava fossero custoditi nel santuario, la cui fama superava di gran lunga i confini del mondo ellenico.
Brenno, giunto presso il santuario, rinunciò proprio in ultimo alla profanazione del tempio di Apollo: i Celti, ancora ebbri del vino bevuto nella notte precedente, si gettarono decisi in battaglia ma subito dopo, allarmati da terremoti, frane e portentosi tuoni e fulmini, riconosciuti come segni dell'intervento di Apollo, non riuscirono a vincere la strenua resistenza degli assediati coadiuvati dai rincalzi focidesi ed etolici.
Ma a determinare l'insuccesso, oltre che la resistenza degli assediati, contribuì anche la rigidità dell'inverno balcanico e la concomitanza di un' epidemia. Callimaco, nella lontana Alessandria, inserirà una menzione dell'episodio nel suo Inno a Delo: « E verrà un giorno una battaglia, per noi tutti insieme, quando poi contro l'Ellade la spada barbara leveranno e imploreranno il dio celtico della guerra ultimi Titani nella tempesta dell'estremo Occidente accorreranno come fiocchi di neve, innumerevoli, come le stelle che affollano le praterie celesti. Presso il mio tempio si scorgeranno le falangi nemiche e già accanto ai miei tripodi, le spade e i cinturoni le armi impudenti, e gli scudi odiosi che per i Galati, razza delirante, segneranno il cammino di un destino crudele »(Callimaco, Inni, IV).
La rinuncia di Brenno, con gravi perdite, provocò il ripiegamento e la dispersione dell'armata: una parte fece ritorno nelle pianure danubiane a fondersi nella confederazione celto-illirica degli Scordisci mentre i guerrieri rimanenti puntarono verso la Tracia. Nel frangente dell'assedio di Delfi anche Brenno era rimasto ferito: giunto ad Eraclea, incapace di sopportare il dolore, si procurò egli stesso il colpo di grazia. Avvenne così, nel 278 a.C., il ricongiungimento in Tracia con i ventimila transfughi di Leonnorio e Lutario, e la conseguente ricostituzione, sotto la loro guida, di una parte importante delle iniziali forze della spedizione. I due condottieri, a capo di una frazione del popolo composta da tre tribù  Trocmi, Tectosagi e Tolistobogii (anche Tolostobogi, Tolistoboi o Tolistoagii) e forte di diecimila combattenti (accompagnati da altri diecimila fra donne, bambini e schiavi), mossero ben presto dalla Tracia all' Asia Minore su espresso invito di Mitridate II e di Nicomede di Bitinia: Leonnorio passerà attraverso il Bosforo, mentre Lutario supererà l' Ellesponto. Nicomede ne utilizzerà i servigi mercenari per volgere a proprio favore la lotta dinastica che, nel 278 a.C., lo vedeva opposto a suo fratello Zipoites, usurpatore di una parte del regno. Al soldo di Mitridate, saranno vittoriosi in Cappadocia contro Tolomeo, nella prima guerra siriaca, ma quando vorranno autonomamente minacciare la Siria, usciranno sconfitti da Antioco I nella battaglia che fu detta degli elefanti (275-272 a.C.) per il ruolo avuto dai pachidermi nel deciderne le sorti.
I sussulti portati dall'invasione celtica coinvolsero la quasi totalità del mondo ellenistico, lasciando fuori praticamente il solo Egitto tolemaico. Furono anche un banco di prova dell'adeguatezza e della prontezza di riflessi di quell'aggregato politico-culturale posto di fronte ad elementi di intensa turbativa esterna: in quell'occasione, «tutta la nuova grecità (fatta eccezione per l'Egitto) si misurò sulla questione celtica» ma, come viene riconosciuto, «la capacità di reazione degli stati ellenistici fu all'altezza della situazione. Nel 277 a.C. la retroguardia celtica rimasta in Tracia subì presso Lisimachia, nel Chersoneso Tracico, una severa sconfitta ad opera di Antigono Gonata, il nipote di Alessandro. Costretti ad arretrare nell'odierna Bulgaria orientale, in un'area del regno tracico di Lisimaco, guidati da Comontorio, vi fondarono il regno di Tylis, un'entità non ancora individuata archeologicamente ma che ha lasciato evidenti segni indiretti nell'adozione di armi celtiche da parte delle popolazioni circostanti. Questo insediamento si distinse per l'imposizione di pesanti tributi alla vicina Bisanzio, esercitando probabilmente una pressione verso nord, come testimoniato ad Olbia (Ucraina) da un'iscrizione celebrativa di una vittoria sui Celti. È probabile anche un impiego in attività mercenarie in Russia meridionale, al servizio delle colonie greche del Ponto, come farebbe pensare il ritrovamento in quei luoghi di armi riferibili ad una provenienza celto-italica. Ma la durata di Tylis fu effimera: pochi decenni dopo, abolito il potere monarchico dell'ultimo regnante, il re Cavaro, il regno fu definitivamente destabilizzato dai Traci, all'incirca nel 212 a.C.
Πηγή: https://it.m.wikipedia.org/wiki/Spedizioni_celtiche_nei_Balcani

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