Per civiltà micenea, o epoca micenea, si intende l' età del bronzo della Grecia continentale, con particolare riferimento al periodo tardo elladico. L'espressione, che si riferisce alla città di Micene, fu coniata da Heinrich Schliemann nel suo libro Mycenae, del 1878 e, successivamente, utilizzata dai principali studiosi dell'Egeo del Bronzo, ha guadagnato subito importanza. Tipica di questa civiltà è la scrittura Lineare B, le cui tavolette però non riportano alcun riferimento di come queste popolazioni si chiamassero. Alcune tavolette ittite coeve pare si riferiscano ad essi come Ahhiyawa. Stando alla tesi più accreditata, tale civiltà è la stessa descritta da Omero, che canta le vicende degli Achei, detti anche Argivi, dalla città di Argo o dalla sua regione Argolide, o ancora Danai, dal progenitore Danao, loro eroe eponimo, dal significato di "occidentale". All'espressione "civiltà micenea" si tende più di recente a preferire "epoca micenea" e civiltà egea, in quanto le scoperte che seguirono hanno reso evidente che Micene non ne fu il centro principale ai suoi primi stadi né, forse, in qualsiasi periodo, e di conseguenza è divenuto di uso più comune adottare un titolo geografico più ampio. La civiltà micenea (da Micene, città dell'Argolide che si riteneva avere maggiore rilievo rispetto alle altre città micenee) ebbe origine e si evolse dalle società e dalla cultura dei periodi dell'Antico e Medio elladico nella Grecia continentale. Emerse attorno al 1600 a.C., quando la cultura elladica nella Grecia continentale si trasformò sotto le influenze della civiltà minoica di Creta. Diversamente dai minoici, la cui società prosperava grazie al commercio, i micenei si sviluppavano tramite la conquista, infatti erano un popolo guerriero. La civiltà micenea era dominata da un'aristocrazia guerriera. Attorno al 1600 a.C., i micenei estesero il loro controllo a Creta, il centro della civiltà minoica (la quale era stata indebolita dall'eruzione di Santorini), e adattarono la forma di scrittura minoica, chiamata Lineare A, finora non ancora decifrata, a una propria arcaica forma di greco, chiamata scrittura Lineare B, invece quasi del tutto decifrata. Non solo i micenei sconfissero i minoici, ma secondo successive leggende elleniche essi espugnarono Troia, presentata nell'epica come una città-stato rivale. Siccome l'unica prova della conquista è l' Iliade di Omero e altri testi ricchi di mitologia, l'esistenza di Troia e la storicità della guerra di Troia sono incerte. Nel 1876, l'archeologo tedesco Heinrich Schliemann scoprì delle rovine a Hisarlik, nell'Asia Minore occidentale (odierna Turchia) che affermò essere quelle di Troia. Altre fonti invece affermano che queste rovine non si adattino al racconto omerico di Troia. I micenei seppellivano i loro nobili in tombe dette thòlos, grandi camere sepolcrali circolari, con un'alta copertura a volta e un passaggio d'entrata dritto rivestito con pietra,di solito decorate con oro,argento e bronzo. Spesso seppellivano pugnali o altri equipaggiamenti militari con il defunto. I nobili erano seppelliti frequentemente con maschere dorate, diademi, armature e armi ingioiellate. I micenei venivano seppelliti in posizione seduta, e alcuni nobili si sottoponevano alla mummificazione, mentre gli eroi omerici Achille e Patroclo non venivano seppelliti ma cremati, secondo l'usanza dell'età del ferro, e onorati con un'urna d'oro invece che con maschere dorate. Sostanzialmente anche questa civiltà, come quella minoica di Creta, ebbe come centro politico, sociale, religioso ed economico il palazzo, ma a differenza dei palazzi minoici, quello miceneo era cinto da grandi e robuste mura, chiamate "ciclopiche" per le dimensioni. Ancora oggi è possibile trovare traccia delle fortificazioni nelle città di Argo, Micene e Tirinto. I manufatti micenei sono stati ritrovati ben oltre ai limiti del mondo miceneo: in particolare le spade micenee hanno raggiunto la Georgia e il Caucaso, un oggetto in ambra incisa con simboli della scrittura Lineare B è stato ritrovato in Baviera, e asce bipenni micenee in bronzo, insieme ad altri oggetti datati a partire dal XIII secolo, sono state trovate in Irlanda, in Wessex e in Cornovaglia. In seguito alla decifrazione delle tavolette scritte in Lineare B, si pensa che i popoli attualmente chiamati "Micenei" possano corrispondere agli Achei (da leggere Achaiwoi) o essere stati soggiogati da questi in un secondo momento. Le fonti scritte ritrovate nei siti micenei non rivelano il termine con cui definissero sé stessi. Dalla lettura dell'Iliade , in cui gli abitanti del Peloponneso e delle isole adiacenti sono spesso chiamati "Achei", e tenendo conto gli accenni ad Ahhiyawa nelle fonti ittite della tarda età del bronzo, la teoria suggerisce che i Micenei potrebbero essere gli "Achei". La cosiddetta Lettera di Tawagalawa scritta da un re ittita del XIII secolo a.C. di incerta identificazione (Muwatalli II o Hattusili III) al re di Ahhiyawa, in cui questi viene trattato come un pari, suggerisce che Mileto (Millawata) fosse sotto il suo controllo, e fa riferimento a un precedente “episodio di Wilusa ” implicante ostilità da parte degli Ahhiyawa, spalleggiati dal loro agente anatolico Piyama-Radu, verso gli Ittiti. Il termine Ahhiyawa è stato così generalmente identificato con gli Achei della Guerra di Troia, e la città di Wilusa con la leggendaria città di Troia. Tuttavia, l'esatta relazione tra il termine Ahhiyawa e gli Achei, al di là della somiglianza nella pronuncia, è dibattuta dagli studiosi, non tanto sulla possibilità ormai acclarata che gli Ahhiyawa siano parte del mondo miceneo, quanto su quale entità essi rappresentassero con esattezza.
La prima civiltà urbana di cui si abbia testimonianza risale al 1700 a.C. ed era di
lingua indoeuropea, figlia delle popolazioni eole e ioniche, migrate in Grecia nel XIX secolo a.C. Essa prese il nome di micenea dal ritrovamento del sito archeologico di Micene ad opera di Heinrich Schliemann . Dopo la clamorosa scoperta del sito di Troia, nella pianura di Hisarlik in Anatolia, avvenuta sulla scorta di una letterale interpretazione dell'Iliade, l'archeologo tedesco si era infatti spostato nel Peloponneso, alla ricerca di nuove testimonianze volte a confermare il quadro "storico" tessuto nell'epopea omerica . Schliemann portò dunque alla luce i centri di Micene e Tirinto. La vicenda interpretativa subì tuttavia alterne fortune: quando nel 1900 l'inglese Sir Arthur Evans scoprì a Creta le rovine di Cnosso, venne formulata l'ipotesi di un'espansione della civiltà minoica nella penisola balcanica. Ma con la scoperta delle tavolette con il sistema alfabetico noto come lineare B, l'ipotesi di un dominio minoico sulla Grecia venne rovesciata poiché esse testimoniavano l'occupazione di Creta da parte dei Micenei, possibile invece che una integrazione tra le due abbia condotto allo sviluppo della civiltà detta più propriamente "Egea". La civiltà micenea non si riferiva a uno Stato unitario, ma a vari centri urbani aventi caratteristiche sociali, culturali ed economiche comuni, con realtà politiche indipendenti e spesso in conflitto tra loro. Molto importante rilevare che nell'antichità i primi micenei erano dei temibili guerrieri che avevano molta cura della propria armatura; inoltre venivano addestrati sin da fanciulli all'arte della guerra. La scrittura aveva creato un alto livello di specializzazione nell'amministrazione economica e politica, anche se i Micenei avevano attinto dai Minoici la struttura sociale della cultura dei Palazzi. Nei Micenei si ritrovano comunque molti fattori originali, come gli armamenti, i carri da guerra, l' architettura funeraria. I micenei conquistarono pure le isole di Rodi, Creta e Cipro. Ancora più vaste furono le lotte per i commerci, che servivano per reperire metalli. Esse furono dirette in Spagna, nel continente europeo, in Oriente. Ceramiche micenee furono ritrovate anche in Italia, dove nel meridione i mercanti micenei fondarono basi commerciali. Similmente nel Lazio meridionale si ritrovano esempi di architettura straordinariamente simili a quelli della cultura micenea. Il declino di questa civiltà avvenne, probabilmente, attorno al 1200 a.C. (inizio del Medioevo ellenico) per cause che oggi non siamo in grado di definire con sicurezza. Si sono fatte numerose teorie in base alla testimonianze ritrovate negli scavi archeologici. La più tradizionale è l'invasione dei Dori, popolo indoeuropeo proveniente, secondo alcuni, dal nord della penisola balcanica, nonostante probabilmente fossero già presenti nel Peloponneso in posizione marginale. Tuttavia con il ritrovamento di alcune tavolette a Pilo, scritte in Lineare B e giunte a noi proprio perché cotte durante un incendio al palazzo reale, si prospetta un'invasione dal mare e vi si descrivono affannosi preparativi militari per salvaguardare le coste da un pericolo imminente. Essendo stata in quel periodo distrutta la civiltà ittita e messa in difficoltà quella egiziana dai Popoli del mare, si è pensato che questi fossero gli invasori. Altri studiosi sostengono che il declino della civiltà micenea sarebbe stato provocato da ben più prosaici fattori di carattere economico e demografico o addirittura climatico. Il suo splendore e la sua magnifica cultura sono, però, rimaste un modello perenne per la civiltà greca. L'organizzazione sociale dei Micenei era basata sulla centralizzazione, la burocratizzazione e la ridistribuzione. La società era organizzata gerarchicamente ; al vertice stava il re, detto wanax, seguito dal lawaghetas che comandava l' esercito. Veniva poi l'alta aristocrazia, divisa in heros (dotati di carri in battaglia) ed hequetas seguiti dai sacerdoti. Le campagne o demi erano amministrate dai qasirewes (da cui il greco basileis), che assegnavano le terre al villaggio e riscuotevano tributi. Al gradino più basso, infine, vi erano i doeloi (da cui il greco douloi) o schiavi. Al wanax e al lawaghetas spettava il temenos, che corrispondeva a un lotto di terreno tratto dalla confisca effettuata nel territorio sottomesso. Il resto della terra veniva dato ai grandi dignitari, dietro pagamento di un tributo. A loro volta i grandi dignitari e il tempio affidavano le terre a dei funzionari minori. Queste terre venivano donate agli aristocratici per i servizi prestati in battaglia, chi riceveva queste terre non poteva né venderle e né tantomeno trasmetterle per via ereditaria. Il controllo e l'organizzazione delle attività veniva fatto attraverso la burocrazia capillare. Il palazzo controllava la riscossione di tributi, distribuiva le materie prime. L'agricoltura era solo una delle attività svolte dai micenei: vi erano l'allevamento ovino, la produzione di tessuti di lana , svolti dai doeloi, l' oreficeria, la metallurgia, la produzione di olio e profumi, svolta invece dai membri del damos (da cui il greco demos, popolo), i quali svolgevano attività specialistiche. Grazie a questa organizzazione, i micenei accumularono molta ricchezza, che veniva ridistribuita agli individui che ne facevano parte. Ciò che più colpisce e che tutto questo fosse organizzato dal palazzo, sede di stato. Qui i migliori artigiani appaltavano dal re incarichi a fine bellico, quale la costruzione di armi sontuose e molto costose, adorne dei più preziosi materiali. Erano gli stessi palazzi ad organizzare spedizioni d'oltremare, visto il bisogno di importare materiali di cui la terra ellenica è povera, in cambio di materiali caratteristici di quelle terre. Poco o niente è possibile dire sulle credenze religiose micenee. Degli dei è nota unicamente una serie di nomi, somiglianti con quelli degli dei greci di quattro secoli dopo; sconosciute sono invece le caratteristiche associate alle singole divinità. Non mancano però le differenze, sia nei nomi che nei ruoli, delle divinità elencate negli archivi in lineare B (che riguardano anche le donazioni e i sacrifici). Benché sia stata fortemente influenzata dalla civiltà minoica, ovvero quella degli abitanti di Creta, la civiltà micenea presenta notevoli differenze dal punto di vista architettonico ed artistico. Quella micenea fu infatti un'arte prevalentemente ispirata dalla guerra . I fastosi palazzi cretesi furono sostituiti da costruzioni robuste, circondate da enormi cinte murarie di fortificazione, realizzate con una serie di blocchi di pietra irregolari e collocate sulla parte elevata della città (acropoli). Le maggiori roccaforti si ebbero nelle città di Micene, Tirinto, Pilo, Argo e Tebe. Caratteristico, in questo senso, è certamente il palazzo reale di Tirinto, la cui particolare struttura, impostata essenzialmente sul megaron, sembra abbia ispirato la forma del tempio greco classico. Si tratta infatti di una grande sala al cui centro era disposto un camino e circondata da quattro colonne disposte a quadrato che sostenevano, probabilmente, il tetto. L'ambiente era preceduto da due grandi vestiboli, il primo dei quali aperto sul lato anteriore dove erano disposte due grandi colonne. L'architettura funeraria prevedeva due tipi di tombe: quelle a fossa costituite da un pozzo dove vi era la camera sepolcrale, e le tombe a thòlos formate da una camera con una pseudo cupola , a cui si accedeva attraverso un corridoio chiamato dromos. Il campo più produttivo fu certamente quello dell'arte orafa. Suggestive sono le grandissime maschere funerarie in oro massiccio, come quella detta all'inizio di Agamennone ma poi fu scoperto che era di un erede di Troia. Al pari della civiltà minoica (cretese), quella micenea eccelse anche nella lavorazione della ceramica. Sono stati, infatti, ritrovati numerose statuine di idoli e guerrieri. Di particolare interesse sono, poi, i vasi elegantemente dipinti con temi naturalistici, tra i quali il più ricorrente è certamente la piovra.
La Lineare B è un sistema di scrittura sillabica utilizzato dai micenei per denotare graficamente la loro lingua, risultata essere una forma arcaica della lingua greca.
Le prime testimonianze di questa scrittura si trovano su tavolette risalenti ai secoli XIV e XIII a.C. I testi in lineare B sono stati trovati dall'archeologo britannico Arthur Evans nel 1900 a Creta, nel Palazzo di Cnosso, altri esemplari furono rinvenuti in Grecia, a Pilo, Micene, Tebe. La scrittura micenea derivò da quella minoica, detta Lineare A, utilizzata a Creta tra il XVII ed il XV secolo a.C. La decifrazione della Lineare B si deve a Michael Ventris e John Chadwick, tra il 1952 e il 1953. La Lineare B è scritta da sinistra a destra e conta circa 200 segni, dei quali una novantina sono segni sillabici con valore fonetico mentre i rimanenti sono ideogrammi con valore semantico. Esiste anche un sistema numerico decimale, costituito da linee verticali per le unità, orizzontali per le decine e cerchi per le centinaia. Si tratta di una scrittura arcaica e abbastanza rudimentale, che non evidenzia abbastanza bene i fenomeni fonetici del miceneo (tra l'altro, non registra la quantità vocalica). Analizzando la ricchezza e la produzione artistica dei Micenei, in assenza di risorse naturali quali miniere d'oro o argento, Arthur Evans ipotizzò l'esistenza di un sistema economico specializzato e molto ben organizzato. La conclusione a cui arrivò fu quella della necessità di una forma di scrittura, di cui cercò le tracce, nonostante nessuna iscrizione fosse stata fino a quel momento rinvenuta. Nel 1900, alla fine del dominio turco sull'isola di Creta, eseguì degli scavi nel sito archeologico di Cnosso (il più importante sito dell'isola), e il 30 marzo di quello stesso anno, una settimana dopo l'inizio delle ricerche, ritrovò le prime tavolette scritte. Evans ipotizzò che la Lineare B fosse uno stile di scrittura ristretto alla corte di Cnosso, utilizzata dagli scrivani del Re. In seguito alle successive scoperte questa teoria è però risultata infondata. Chadwick, che contribuì in seguito a decifrare le iscrizioni, affermò che la Lineare B è il risultato dell'adattamento dei segni minoici alla lingua greca, aggiungendo che anche questa ipotesi è incompleta e non verificabile, almeno finché la Lineare A non verrà a sua volta decifrata.
Nella mitologia greca, la guerra di Troia fu una sanguinosa guerra combattuta tra gli Achei e la potente città di Troia, presumibilmente attorno al 1250 a.C. o al 1194 a.C., nell'odierna Turchia. Gli eventi del conflitto sono noti principalmente attraverso i poemi epici Iliade ed Odissea di Omero, composti intorno al IX secolo a.C. Entrambi narrano una piccola parte del conflitto: l'Iliade i fatti avvenuti durante l'ultimo anno di guerra, l' Odissea, oltre al viaggio di Ulisse per tornare in patria, narra la conquista di Troia. Le altre opere del "Ciclo Troiano " sono andate perdute e sono conosciute solo tramite testimonianze posteriori. Singoli episodi sono infatti descritti in innumerevoli testi della letteratura greca e latina, e dipinti o scolpiti in numerose opere d'arte. Secondo l' Iliade, la guerra ebbe inizio a causa del rapimento di Elena, regina di Lacedemone (la futura Sparta), ritenuta la donna più bella del mondo, per mano di Paride, figlio di Priamo re di Troia. Menelao, marito di Elena, e il fratello Agamennone radunarono un esercito, formato dai maggiori comandanti dei regni greci e dai loro sudditi, muovendo guerra contro Troia. Il conflitto durò dieci anni, con gravissime perdite da entrambi gli schieramenti. Fra le vittime vi fu Achille, il più grande guerriero greco, figlio del re Peleo e della dea Teti. Achille era re dei Mirmidoni, che condusse in molte battaglie contro Troia, venendo infine ucciso da Paride che, per vendicare la morte del fratello Ettore, lo colpì con una freccia al tallone, suo unico punto debole. Troia infine cadde grazie all'astuto Ulisse e al suo piano del cavallo di legno, cambiando l'esito del conflitto. È ancora oggetto di studi e di controversie la questione della veridicità storica degli avvenimenti della guerra di Troia. Alcuni studiosi pensano che vi sia un fondo di verità dietro gli scritti di Omero, altri pensano che l'antico poeta abbia voluto raggruppare in un unico conflitto, quello fra greci e troiani, le vicende di guerre e assedi diversi succedutisi nel periodo della civiltà micenea. Alcuni studiosi pensano, invece, che Omero non sia mai esistito o che Iliade e Odissea siano opera di autori diversi. I due poemi hanno comunque reso possibile la scoperta delle presumibili mura di Troia, collocando cronologicamente la guerra verso la fine dell'età del Bronzo, intorno al 1300 - 1200 a.C. in parte confermando la datazione di Eratostene.
L' Iliade è un poema epico in esametri dattilici, tradizionalmente attribuito ad Omero. Ambientato ai tempi della guerra di Troia, narra gli eventi accaduti nei cinquantuno giorni dell'ultimo anno di guerra, in cui l'ira di Achille è l'argomento portante del poema. Opera ciclopica e complessa, è un caposaldo della letteratura greca e occidentale. Tradizionalmente datata al 750 a.C. circa, Cicerone afferma nel suo De oratore che Pisistrato ne aveva disposto la sistemazione in forma scritta già nel VI secolo a.C., ma si tratta di questione discussa dalla critica. In epoca ellenistica fu codificata da filologi alessandrini guidati da Zenodoto nella prima edizione critica, comprendente 15.696 versi divisi in 24 libri (ciascuno corrispondente ad un rotolo, che ne dettava la lunghezza). Ai tempi il testo era infatti estremamente oscillante, visto che la precedente tradizione orale aveva originato numerose varianti. Ciascun libro è contraddistinto da una lettera maiuscola dell'alfabeto greco e riporta in testa un sommario del contenuto. Il titolo deriva da Ilion, l'altro nome dell'antica Troia, cittadina dell'Ellesponto (e da non confondere con Ilion nell' Epiro). Nel poema, alcune divinità aiutano i Troiani e altre gli Achei. Gli dei a favore dei Troiani sono Eris, Afrodite, Apollo, Ares, Artemide, Dione, Latona, Scamandro (dio dell'omonimo fiume). Gli dei a favore degli Achei sono Atena, Poseidone, Era, Efesto, Ermes, Teti. Restano invece neutrali Zeus, Peone, Iride, Ebe e le Moire. Inoltre compare Ipno (dio del sonno), che addormenterà temporaneamente Zeus su richiesta di Era.
Πηγή: https://it.m.wikipedia.org/wiki/Micene
https://it.m.wikipedia.org/wiki/Civiltà_micenea
https://it.m.wikipedia.org/wiki/Lineare_B
https://it.m.wikipedia.org/wiki/Guerra_di_Troia
https://it.m.wikipedia.org/wiki/Iliade