Ελληνική ιστορία και προϊστορία

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Τετάρτη 1 Φεβρουαρίου 2017

La strategia navale di marina bizantina e le repubbliche marittime di Italia medievale

La marina bizantina fu un punto di forza per la difesa dell' impero bizantino, soprattutto per la capitale, Costantinopoli; punto di grande forza delle navi bizantine era anche l'uso del fuoco greco; la marina bizantina rimase attiva nei suoi compiti fino alla fine dell'impero, ossia fino al 29 maggio 1453. La marina bizantina era attiva, come anche l'esercito bizantino, dal 5 maggio (San Giorgio) al 26 ottobre (San Demetrio). Prima di esaminare le operazioni navali antiche e medievali, è necessario comprendere le limitazioni tecnologiche delle flotte costituite da galee. Le galee erano poco manovrabili in acque agitate e potevano essere sommerse dalle onde, con effetti catastrofici soprattutto in mare aperto; la storia è piena di esempi di flotte di galee affondate da tempeste (ad esempio le perdite romane subite nel corso della Prima guerra punica). La stagione della navigazione era quindi in genere ristretta da metà primavera fino a settembre. La velocità di crociera massima di una galea, persino per le navi a vela, era limitata, così come lo era la capienza massima di provviste che le navi potevano trasportare. L'acqua in particolare era di importanza fondamentale. Con un livello di consumo stimati a 8 litri al giorno per ogni rematore, la sua reperibilità era un fattore operazionale decisivo nelle coste spesso scarse di acqua e cotte dal sole nel Mediterraneo orientale. Dromoni più piccoli si stima potessero trasportare acqua bastevole per quattro giorni di navigazione. Effettivamente, questo significava che le flotte composte da galee erano costrette a seguire percorsi lungo le coste, e dovevano fare frequenti soste per procurarsi nuove provviste e far riposare i loro equipaggi. Ciò è ben attestato nei resoconti dei viaggi marittimi bizantini, dalla campagna contro i Vandali di Belisario alle spedizioni cretesi. È per queste ragioni che Niceforo Ouranos enfatizza la necessità di avere a disposizione "uomini con conoscenza accurata e esperienza del mare [...], dei venti [...]. Dovrebbero conoscere anche le rocce nascoste nel mare, e i luoghi che non hanno profondità, e la terra dove si salpa e le isole ad essa vicine, i porti e la distanza tra un porto e l'altro. Dovrebbero inoltre conoscere sia i paesi che le riserve di acqua." La guerra navale mediterranea medievale era quindi essenzialmente costiera e anfibia, portata avanti per impossessarsi di territorio costiero o di isole, e non per esercitare il "controllo dei mari" nell'accezione attuale. Quindi, in seguito all'abbandono del rostro, l'unica vera arma distruggi-navi a disposizione prima dell'avvento delle armi da fuoco ed esplosive, il combattimento marittimo divenne, secondo John Pryor, "più imprevedibile. Nessuna potenza poteva più sperare di avere un vantaggio tale nell'armamento o nelle abilità dell'equipaggio da aspettarsi un successo." Non desta quindi sorpresa il fatto che i manuali bizantini ed arabi suggeriscano tattiche prudenti, dando la priorità alla preservazione della propria flotta, e l'acquisizione di informazioni accurate sul nemico, spesso ottenute tramite spie fintesi mercanti. L'enfasi fu posta sull'ottenimento di una sorpresa tattica e, conseguentemente, il tentativo di evitare il più possibile l'evenienza di essere colti alla sprovvista dal nemico. Idealmente, una battaglia andava cominciata solo quando si aveva una certezza assoluta di una superiorità schiacciante sulle forze nemiche, sia per superiorità numerica che per superiorità nella disposizione tattica. Molta importanza veniva anche data all'adattare le tattiche e il tipo di forze a seconda delle caratteristiche del nemico: Leone VI, per esempio, faceva notare le differenze tra le navi pesanti e lente (koumbaria) degli Arabi, con le navi piccole e veloci (akatia, principalmente monoxyla), degli Slavi e Rus' In campagna, in seguito all'assemblea dei vari squadroni nelle basi fortificate (aplēkta) lungo le coste, la flotta consisteva del corpo principale, composto dalle navi da guerra a remi, e il carico di trasporto (touldon) trasportato da navi a vela e da navi di trasporto a remi, che poteva essere inviato via in caso di battaglia. La flotta di battaglia era suddivisa in squadroni, e venivano trasmessi ordini da una nave all'altra tramite bandiere di segnale (kamelaukia) e lanterne. Poco prima o durante una vera battaglia, mantenere una formazione ben ordinata era di importanza critica: se una flotta fosse caduta nel disordine, le sue navi sarebbero state incapaci di sostenersi a vicenda e la battaglia si sarebbe probabilmente conclusa con una sconfitta. Flotte incapaci di mantenere una formazione ordinata o di disporsi in un'adeguata controformazione (antiparataxis) per contrastare efficacemente quella del nemico, spesso evitava, o fuggiva dalla battaglia. Le manovre tattiche miravano quindi a mettere in disordine la formazione nemica, specialmente tramite l'uso di ingegnosi stratagemmi, come il dividere le forze e compiere manovre ai fianchi, fingere la ritirata o nascondere una forza di riserva per attirare in un'imboscata il nemico.Nel suo manuale di strategia, Leone VI sconsigliava apertamente un confronto diretto con il nemico, consigliando invece l'uso di stratagemmi. Secondo Leone VI, la flotta doveva disporsi di norma in formazione crescente, con la nave ammiraglia al centro e le navi più pesanti alle corna della formazione, in modo da colpire i fianchi del nemico. Erano poi disponibili diverse varianti e tattiche differenti, da attuare a seconda delle circostanze. Una volta che le flotte erano sufficientemente vicine, cominciavano lanci di proietti, variando da proiettili combustibili a frecce e giavellotti. Lo scopo non era quello di affondare le navi, ma piuttosto di decimare l'equipaggio nemico prima dell'abbordaggio, che avrebbe deciso l'esito della battaglia. Una volta ritenuto di aver ridotto a sufficienza la forza del nemico, le flotte si avvicinavano al punto di quasi toccarsi, e avveniva la fase dell'abbordaggio della nave nemica e del combattimento mano a mano tra gli equipaggi nemici.
La definizione di repubbliche marinare, nata nell'Ottocento, si riferisce ad alcune città portuali italiane che a partire dal Medioevo godettero, grazie alle proprie attività marittime, di autonomia politica e di prosperità economica. La definizione è in genere riferita a quattro città italiane, i cui stemmi sono riportati dal 1947 nelle bandiere della Marina Militare e della Marina Mercantile: Amalfi, Genova, Pisa e Venezia. Tuttavia, oltre alle quattro più note, sono talvolta definite "repubbliche marinare" anche Ancona, Gaeta, Noli e la repubblica dalmata di Ragusa; in certi momenti storici esse ebbero un'importanza non secondaria rispetto ad alcune di quelle più conosciute. La ripresa economica che si ebbe in Europa a partire dal IX secolo, abbinata all'insicurezza delle vie di comunicazione terrestri, fece sì che le principali rotte commerciali si sviluppassero lungo le coste del Mar Mediterraneo: in questo contesto di crisi dei poteri centrali, alcune città portuali furono in grado di acquisire sempre maggiore autonomia, fino a ricoprire un ruolo di primo piano nello scenario europeo. Interessante notare che ben sei di esse - Amalfi, Venezia, Gaeta, Genova, Ancona e Ragusa - iniziarono la propria storia di autonomia e mercatura dopo essere state quasi distrutte da un terribile saccheggio, oppure furono fondate da profughi di terre devastate. Queste città, esposte alle incursioni dei corsari e trascurate dai poteri centrali, organizzarono in modo autonomo la propria difesa, accoppiando l'esercizio del commercio marittimo a quello della sua protezione armata; furono poi in grado, nei secoli X e XI, di passare all'offensiva. I traffici di queste città raggiungevano l'Africa e soprattutto l'Asia, inserendosi efficacemente tra la potenza marittima bizantina e quella islamica, con le quali si stabilì un rapporto complesso di competizione e di collaborazione per il controllo delle rotte mediterranee. Ognuna di esse fu favorita dalla propria posizione geografica, lontana dalle principali vie di passaggio degli eserciti e protetta da monti o lagune, che la isolò e le permise di dedicarsi indisturbata ai traffici marittimi. Tutto ciò portò ad una graduale autonomia amministrativa e, in alcuni casi, ad una vera e propria indipendenza dai poteri centrali, i quali da tempo non riuscivano più a controllare le province periferiche: l'Impero bizantino, il Sacro Romano Impero, lo Stato Pontificio. È inoltre importante ricordare che le forme di indipendenza che si vennero a creare in queste città furono varie, e tra esse stenta ad orientarsi il moderno modo di considerare i rapporti politici, che distingue nettamente tra autonomia amministrativa e libertà politica. Per questo motivo, nella sottostante tabella le date relative all'indipendenza sono due: una si riferisce alla libertà di fatto, l'altra a quella di diritto. Grazie alle repubbliche marittime si riattivarono i contatti tra l'Europa, l'Asia e l'Africa, quasi interrotti dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente; la loro storia s'intreccia sia con l'avvio dell'espansione europea verso Oriente, sia con le origini del moderno capitalismo, inteso come sistema mercantile e finanziario; in queste città si coniarono monete d' oro, in disuso da secoli, si misero a punto nuove pratiche di cambio e di contabilità: nacquero così la finanza internazionale e il diritto commerciale. Vennero inoltre incentivati i progressi tecnologici nella navigazione; importanti, al riguardo, il miglioramento e la diffusione della bussola da parte degli amalfitani e l'invenzione veneziana della galea grossa. La navigazione deve molto alle repubbliche marinare anche per ciò che concerne la cartografia nautica: le carte del XIV e nel XV secolo a noi pervenute appartengono tutte alle scuole di Genova, di Venezia e di Ancona. Dall'Oriente le repubbliche mercantili importavano una vasta gamma di merci introvabili in Europa, che poi rivendevano in altre città d'Italia e dell'Europa centrale e settentrionale, creando un triangolo commerciale tra l'Oriente arabo, l'Impero bizantino e l'Italia; sino alla scoperta dell'America furono perciò nodi essenziali degli scambi tra l'Europa e gli altri continenti. Inoltre, l'importanza artistica delle repubbliche mercantili fu grandiosa, grazie alla straordinaria prosperità derivante dai commerci, al punto che ben cinque di esse (Amalfi, Genova, Venezia, Pisa e Ragusa) sono oggigiorno inserite nell' elenco dei Patrimoni dell'umanità dell'UNESCO. Se non si può parlare di un'arte marinara, cioè di una corrente artistica comune a tutte e loro esclusiva, un tratto caratterizzante fu la commistione di elementi delle diverse tradizioni artistiche mediterranee, elementi principalmente bizantini, islamici e romanici. Genova era risorta agli albori del X secolo, quando, dopo la distruzione della città per mano saracena, i suoi abitanti ripresero la via del mare. A metà del X secolo, inserendosi nella contesa tra Berengario II d'Ivrea e Ottone I di Sassonia, ottenne nel 958 l'indipendenza de facto, ufficializzata poi nel 1096 con la creazione della "Compagna Communis", unione dei commercianti e dei feudatari della zona. Nel frattempo l'alleanza con Pisa consentiva la liberazione del Mediterraneo occidentale dai pirati saraceni. Le fortune del comune aumentarono notevolmente grazie all'adesione alla prima crociata, che procurò grandi privilegi per le comunità genovesi in Terra santa. L'apogeo si ebbe nel XIII secolo, a seguito del Trattato di Ninfeo e della duplice vittoria su Pisa (battaglia della Meloria 1284) e Venezia (battaglia di Curzola, 1298): la Superba dominava il Mar Mediterraneo e il Mar Nero e controllava la Liguria, la Corsica, il Giudicato sardo di Torres, l'Egeo Settentrionale e la Crimea meridionale. Ma il Trecento segnò una grave crisi economica, politica e sociale per Genova, che, fiaccata da lotte intestine, perse la Sardegna a favore degli Aragonesi, fu sconfitta da Venezia ad Alghero (1353) e a Chioggia (1379) e sottomessa più volte alla Franciae al Ducato di Milano. La repubblica era indebolita dallo stesso ordinamento dello Stato, che, basato su accordi privati tra le principali famiglie, portava a governi incredibilmente brevi e instabili e a frequentissime lotte di fazione. Dopo le pestilenze e le dominazioni straniere del Tre e Quattrocento, la città visse un secondo apogeo a seguito della riconquista dell'autogoverno per mano di Andrea Doria (1528), al punto che il secolo seguente fu detto El siglo de los Genoveses; tale definizione non fu dovuta al commercio marittimo, bensì alla sua impressionante penetrazione bancaria, grazie al Banco di San Giorgio, che ne fece un'autentica potenza economica mondiale: parecchie monarchie europee, come la Spagna, furono vincolate ai prestiti dei banchieri genovesi e la sua moneta, il genovino, divenne una delle più importanti al mondo. La repubblica comunque risultava allora indipendente solo de iure, perché di fatto si ritrovò sotto l'influenza delle principali potenze vicine, prima i francesi e gli spagnoli, poi gli austriaci ed i Savoia. La repubblica crollò a seguito della I campagna d'Italiadi Napoleone Bonaparte: divenuta nel 1797 Repubblica Ligure, fu annessa alla Francia nel 1805, con la II campagna d'Italia. Nel 1815, il congresso di Vienna ne decretò l'annessione al Regno di Sardegna. L'importanza artistica di Genova è stata riconosciuta dall'UNESCO inserendo le Strade Nuove e il complesso dei Palazzi dei Rolli tra i patrimoni dell'umanità. Il legame indissolubile tra Genova e la navigazione è testimoniato da Lanzerotto Malocello, da Ugolino e Vadino Vivaldi e soprattutto dal celeberrimo Cristoforo Colombo, uno dei più grandi navigatori di tutte le epoche.
Venezia, fondata dai Veneti in fuga dagli Unni nel V secolo, cominciò un graduale processo di indipendenza dall'Impero bizantinonel 697; l'elezione del primo doge Paolo Lucio Anafesto è avvolta nella leggenda. Con il crollo dell' Esarcato di Ravenna, nel 751, l'indipendenza poté dirsi de facto ottenuta, come si evince anche dalla stipula del Pactum Lotharii con il Sacro Romano Impero avvenuta nell'840 tra il doge Pietro Tradonico e l'imperatore germanico Lotario I, senza che venisse chiamato in causa il sovrano bizantino, seppur formalmente signore di Venezia. La città lagunare acquisì potenza dallo sviluppo dei rapporti commerciali con l'Impero bizantino, di cui formalmente faceva ancora parte, per restarne anche in seguito alleata nella lotta contro Arabi e Normanni; la rottura definitiva con Costantinopoli, che sancì la completa indipendenza, di diritto e di fatto della città marinara dall'Impero Bizantino, arrivò solo con la guerra aperta del 1122-1126, quando il doge Domenico Michiel dichiarò guerra conseguentemente al rifiuto dell'Imperatore di rinnovare i privilegi commerciali già garantiti al proprio vassallo veneziano come ricompensa per l'aiuto offerto nelle guerra contro i Normanni nel 1082. Intorno all'anno mille cominciò la sua espansione nell'Adriatico, sconfiggendo i pirati che occupavano le coste dell' Istria e della Dalmazia e ponendo quelle regioni e le loro principali città sotto il proprio dominio. Istituzionalmente Venezia era retta da un'oligarchia delle principali famiglie mercantili, sotto la presidenza del doge e di numerose e articolate magistrature, tra cui il Senato; notevole fu la Serrata del Maggior Consiglio (1297), con cui furono esclusi dal governo coloro che non appartenevano alle più importanti famiglie mercantili. A Venezia fu stilato il Capitolare nauticum, uno dei primi codici di navigazione, giuntoci nella redazione del 1256, ma anteriore a quella data di un paio di secoli. La quarta crociata (1202-1204) le permise di conquistare le località marittime commercialmente più importanti dell'Impero bizantino, tra cui Corfù (1207) e Creta(1209), e di raggiungere la Siria e l'Egitto. Venezia toccò così il culmine della propria potenza, dominando i traffici commerciali tra Europa ed Oriente: aveva fondachi in tutto il Mediterraneo orientale ed era detta la Serenissima. Alla fine del XIV secolo, Venezia era divenuta uno degli Stati più ricchi del continente: la sua moneta, lo zecchino, era coniata in oro e fu una delle più influenti d'Europa. Tra i secoli XIV e XVIII la Serenissima Repubblica di Venezia, in risposta alla politica aggressiva del Ducato di Milano, conquistò un vasto Dominio di Terraferma, comprendente il Veneto, il Friuli, la Venezia Giulia, e la Lombardia fino a Brescia; a ciò si univa lo Stato da Mar, un vero e proprio impero coloniale costituito dai possedimenti d'oltremare, tra cui l'Istria, la Dalmazia (tranne Ragusa), quasi tutte le isole greche e Cipro. La Serenissima fu quindi la più estesa delle repubbliche marinare, nonché uno dei più potenti Stati della penisola italiana. Il suo potere nel Mediterraneo orientale nei secoli successivi, nonostante la vittoria di Lepanto, fu minacciato e compromesso dall'espansione dell' Impero ottomano e dallo spostamento dei commerci sull'Atlantico; iniziò così una lenta decadenza, culminata con la conquista napoleonica del 1797, che la ridusse a una città-stato dipendente dagli Asburgo, fino all'unione col Regno Lombardo-Veneto nel (1848). Artisticamente Venezia ebbe per secoli risonanza europea: nel Medioevo fondendo nella propria architettura gli stili romanico, gotico e bizantino; nel Rinascimento con i pittori Tiziano, Giorgione, Tintoretto, Bellini e Lotto; nel periodo barocco con i compositori Antonio Vivaldi, Giuseppe Tartini e Tomaso Albinoni; nel Settecento con i vedutisti Giambattista Tiepolo e Canaletto, il commediografo Carlo Goldoni, lo scultore Antonio Canova e lo scrittore ed avventuriero Giacomo Casanova. Tra i più importanti navigatori e viaggiatori veneziani si annoverano Sebastiano Caboto, scopritore di Terranova, e Marco Polo, celebre per il resoconto del suo viaggio in Cina, Il Milione.
Πηγή: https://it.m.wikipedia.org/wiki/Marina_bizantina
https://it.m.wikipedia.org/wiki/Repubbliche_marinare

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