Ελληνική ιστορία και προϊστορία

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Δευτέρα 9 Ιανουαρίου 2017

Guerre Greco-Puniche in Sicilia (600-398 AC) : Gli conflitti degli Greci contra gli invasioni degli barbari Cartaginesi

Vengono definite guerre greco-puniche i conflitti che scoppiarono tra i Cartaginesi ed i Greci per il controllo del Mediterraneo occidentale ed in particolare della Sicilia tra il 600 e il 265 a.C. Col tempo divennero le guerre tra Cartagine e Siracusa, visto che le due città rimasero, uniche non espugnate, a contendersi l'egemonia sull'isola sino al 265 a.C. , anno dell'arrivo dei Romani. Il rapporto tra Fenici e Greci fu tanto antico da influenzare la crescita dei due popoli e della stessa civiltà occidentale. Anche i Greci avevano ben chiaro l'apporto culturale dei Fenici alla nascita della Civiltà minoica, il primo collegamento nella serie delle civiltà europee, tanto da creare uno specifico episodio mitologico imperniato sul ratto di Europa, figlia del re di Tiro, da parte di
Zeus. Quando le antiche città fenicie del Libano passarono sotto il giogo persiano fu chiaro che solo le colonie occidentali avrebbero potuto opporsi alle ondate coloniali elleniche. Fu Cartagine a raccogliere la sfida ergendosi a capofila della cultura Fenicia in Occidente. E qui i popoli più importanti prima di Roma si contesero il Mediterraneo. Le contendenti erano città di prima grandezza nel panorama mediterraneo: «Grande si diceva fosse la forza di Gelone , molto maggiore di ogni altra potenza ellenica.» (Erodoto definisce la potenza del tiranno di Siracusa subito prima della battaglia di Imera.) Cartagine intorno alla fine del V secolo a.C.: «La città più potente d'Europa.» (Filisto, Sikelikà.) Per le guerre furono costruite le più grandi fortificazioni ed ebbe grande impulso la tecnologia della artiglieria da campo. Durante questi lunghi secoli nacque a Siracusa la dittatura imperiale, embrione di stato imperiale in Occidente, modello di quello macedone. Le guerre furono necessario preludio alla conquista romana della Sicilia, tanto che Plutarco mette in bocca a Pirro (che lascia l'isola dopo il fallito tentativo espugnare la cartaginese Lilibeo) le seguenti parole: « Oh, il bel campo di battaglia, che noi lasciamo a' Cartaginesi ed a' Romani!".» I Greci evitarono per secoli lo scontro coi Fenici fondando le loro colonie al di sopra dell'asse Gibilterra-Sicilia-Cipro. L'equilibrio si ruppe con la fondazione delle colonie Cirene (sulla costa Africana) e delle colonie siceliote. A partire dal 735 a.C. molti coloni greci abbandonarono la madre patria per fondare colonie sulle coste siciliane: dapprima sulla costa orientale (Naxos, Catania, Siracusa, Zancle), poi su quella meridionale (Agrigento , Gela, Selinunte, Camarin a, Eraclea Minoa) ed infine su quella settentrionale (Imera, Tindari). Alcune di queste divennero vere e proprie metropoli dell'antichità: Siracusa, con i suoi 500.000 abitanti ed i due imponenti porti, la lussuosa e superba Agrigento e la dinamica Selinunte, spiccavano fra le altre per ricchezza e bellezza. I Fenici , apparsi in molti empori costieri in un periodo compreso tra la colonizzazione sicula (1050 a.C. circa) e l'inizio di quella greca, si sentirono da questa minacciati e si spostarono all'estremità occidentale dell'isola, concentrandosi nelle roccaforti di Mozia (Mtv), Palermo (Zyz), Solunto. Qui intrattennero ottimi rapporti con le popolazioni elime di Segesta, Erice, Entella, Iaitias (secondo la tradizione classica esuli troiani, quindi avversi ai Greci). Gli interessi sugli scali commerciali siciliani e la aggressività colonizzatrice degli Elleni portarono i Fenici prima ad una crescente diffidenza nei confronti dei greci e poi alla richiesta d'aiuto a Cartagine, l'unica città capace di opporsi alla straripante colonizzazione greca. Cartagine, città fenicia fondata nell' 814 a.C. , nel V secolo a.C. era ormai una superpotenza ed influenzava da tempo le colonie fenicie di Sicilia controllando di fatto l'intero Mar Mediterraneo occidentale grazie alla potente flotta. Dal VI al III secolo a.C. l'isola di Sicilia, la più grande isola del Mediterraneo, snodo delle vie commerciali tra nord, sud, est ed ovest, divenne quindi il campo di battaglia di Greci e punici: il conflitto divenne inevitabile quando le città a predominanza etnica fenicio/punica si trovarono gomito a gomito con città di fondazione greca e Cartagine vide in pericolo il suo impero commerciale e il controllo delle rotte verso l'argento e lo stagno della Spagna, di cui i cartaginesi avevano il monopolio. Quella che viene oggi definita prima guerra greco-punica consistette in una serie di battaglie nel golfo del Leone (costa meridionale della Francia), nel mar Tirreno, in Sicilia ed nell' Africa settentrionale : Cartagine si oppose con alterna fortuna alla creazione di nuove colonie greche nell'arco temporale di circa settant'anni. Il primo scontro avvenne nell'ambito della fondazione di Massalia, l'attuale Marsiglia, intorno al 600 a.C. ed avvenne in mare: i Greci misero in fuga le navi puniche. I tentativi di ricolonizzare le isole Eolie da parte di genti dell'Egeo sud-orientale (che si scelsero Pentatlo come condottiero della spedizione) e, dapprima, di creare una colonia greca in territorio fenicio - elimo per poter meglio gestire le rotte con Spagna e Sardegna sfociarono nella battaglia del promontorio di Lilibeo tra le città di Selinunte (greca) e di Segesta (elima filo-cartaginese). Intorno al 580 a.C. Pentatlo di Cnido, a guida di un numeroso gruppo di Cnidii e Rodii, in prossimità di capo Lilibeo, guidò i Greci di Selinunte nel territorio nemico. Vinsero i Segestani e lo stesso Pentatlo venne ucciso. Nel 576 a.C. trattati di pace sancirono la restituzione ai vecchi proprietari delle terre occupate dai Selinuntini. I Cartaginesi fra il 560 a.C. ed il 550 a.C. decisero di inviare in Sicilia il generale Malco al comando di un esercito che riportò successi militari contro i Greci dell'occidente siculo. La dimostrazione di forza era stata probabilmente concertata con gli alleati fenici ed elimi di Sicilia col fine ultimo di un consolidamento dell'area in funzione anti-ellenica. Contemporaneamente, ad Erice ed a Mozia vennero potenziati i sistemi difensivi, irrobustendo le mura secondo la tecnica greca; nella città dello Stagnone in particolare fu creata una cinta di mura della lunghezza di 2.375 metri, munite di 20 torri quadrangolari e d'una grande triplice porta sul lato nord. La spedizione pose di fatto tutte le città elime e fenicie di Sicilia sotto una sorta di protettorato punico. La battaglia di Alalia rappresentò la fine dell'espansionismo greco nel mediterraneo nord-occidentale. I coloni ionici di Focea avevano fondato nel 565 a.C. Aleria (in greco Alalia) in Corsica ; proprio questa città costiera ricevette gli esuli dalla madrepatria nel momento in cui questa cadde nelle mani di Ciro il Grande. Le flotte congiunte di Etruschi e Cartaginesi, tra il 540 a.C. ed il 535 a.C. affrontarono la flotta greca davanti alle coste della Sardegna : fino ad allora padroni dell'alto Tirreno, i due popoli volevano evitare una massiccia colonizzazione di Corsica e Sardegna proveniente dalla Ionia. La battaglia non ebbe vincitori né vinti, o meglio, seguendo Erodoto , i Focesi riportarono una vittoria cadmea che li convinse ad abbandonare la Corsica per dirigersi, con le pentecontere superstiti, verso la Magna Grecia dove si stanziarono ad Elea. Nel 510 a.C. il principe Dorieo, figlio del re Anassandrida di Sparta , conquistò alcuni territori nella zona di Erice (città elima filo-punica), fondandovi la colonia di Eraclea, forse in prossimità del promontorio del Monte Cofano. I Greci furono scacciati e lo stesso Dorieo perse la vita ad opera di un esercito di Segestani e Cartaginesi. Nel 480 a.C. la Sicilia divenne il teatro di una prima grande campagna militare cartaginese, conclusasi tuttavia molto presto con una sconfitta. Nel 483 a.C. il tiranno di Imera, Terillo, amico di Amilcare Magone, era stato cacciato dalla sua città dal tiranno Terone di Agrigento. Terillo si rivolse, allora, per aiuti a Cartagine, dando come ostaggi ad Amilcare per provargli la propria fedeltà i figli del genero Anassilao. I Cartaginesi, forse di concerto con i Persiani che si apprestavano ad invadere la Grecia, prepararono per 3 anni il più grande esercito che avessero mai formato, al comando di Amilcare Magone: la tradizione ci tramanda il numero, quasi sicuramente esagerato, di 300.000 uomini. Probabilmente l'esercito di Amilcare non contava in realtà più di 30.000 uomini, un numero comunque superiore alle truppe guidate da Gelone di Siracusa e da Terone di Agrigento (circa 24.000 fanti e 2.000 cavalieri). La flotta cartagine invece constava di 200 navi da guerra, proprio come quella di Gelone: la flotta siracusana era infatti la maggiore del mondo greco dopo quella ateniese. Nella navigazione verso la Sicilia, tuttavia, Amilcare Magone soffrì la grave perdita della cavalleria a causa delle avverse condizioni atmosferiche. Sbarcato a Palermo, l'esercito cartaginese si portò nei pressi di Imera, dove fu pesantemente sconfitto nella battaglia di Imera , in cui lo stesso Amilcare trovò la morte per le ferite o per il suicidio suggerito dalla vergogna. I vincitori imposero ai vinti il pagamento delle spese di guerra (un'indennità di 2.000 talenti, pari a oltre 50 tonnellate di argento) e la clausola di abbandonare l'uso punico di sacrificare bambini agli dei. Cartagine fu gravemente indebolita dalla sconfitta (distruzione della flotta e dell'esercito mercenario) e il vecchio governo, allora nelle mani della famiglia dei Magone, fu sostituito da un regime aristocratico che durò fino alla fine di Cartagine. Per i successivi settant'anni i Cartaginesi non inviarono ulteriori spedizioni militari in Sicilia. Dopo il 413 a.C. , anno della sconfitta di Atene sotto le mura di Siracusa, Segesta, alleata degli sconfitti, cercava altri protettori nei confronti della invadenza di Selinunte, alleata di Siracusa . Cartagine aveva grossi interessi nella punta occidentale sicula e raccolse la richiesta di aiuto degli Elimi , che si erano offerti di diventare membri dipendenti dell'impero cartaginese. Dopo gli eventi della seconda campagna siciliana la sfera di influenza cartaginese sull'occidente siciliano divenne una vera e propria "epicrazia", configurandosi pienamente in una zona di controllo militare e commerciale. Prima di intervenire con il proprio esercito in aiuto di Segesta, Cartagine compì alcuni tentativi diplomatici nei confronti di Selinunte e Siracusa, ma i Selinuntini si dimostrarono intransigenti e non vollero scendere a patti. Nell'attesa di radunare un grande esercito che invadesse in forze la Sicilia, nel 410 a.C. Annibale Magone, nipote di Amilcare Magone, si accontentò di radunare solo 5.000 libi e 800 mercenari campani (che si trovavano in Sicilia dopo il fallimento della spedizione ateniese contro Siracusa nel 413 a.C.), con cui ricacciò i Selinuntini nel loro territorio. Nel 409 a.C. Annibale Magone guidò quindi un grande esercito che sbarcò in Sicilia nei pressi del promontorio di Lilibeo. Assaltò poi con violenza Selinunte dopo aver ricevuto aiuti da Segesta e da altri alleati. La città, che fino ad allora aveva mantenuto rapporti di non belligeranza se non di alleanza con Cartagine, non riuscì a ricevere in tempo aiuti dalle altre città siceliote e fu espugnata dopo nove giorni d'assalto con enormi torri d'assedio : 16.000 cittadini furono trucidati e 5.000 deportati. Il condottiero cartaginese si mosse in seguito con 40.000 uomini verso Imera per assediarla; a questo contingente si unirono 20.000 Sicani e Siculi . La città era difesa da circa 4.000 greci, in gran parte provenienti da Siracusa. Respinto il primo assalto, gli Imeresi tentarono una disperata sortita il mattino seguente, ma furono ricacciati in città con gravi perdite. Nella notte, Diocle (capo dei soccorritori siracusani), temendo che Annibale interrompesse l'assedio per marciare su Siracusa, decise di abbandonare la città e consigliò agli Imeresi di fare lo stesso, approfittando dell'arrivo di 25 navi da guerra siracusane richiamate dall'Egeo. Metà della popolazione riuscì a fuggire in tempo sulle navi, ma il giorno seguente i Cartaginesi dilagarono nella città uccidendo o facendo prigioniera il resto della popolazione: donne e bambini vennero distribuiti come ricompense fra i soldati, mentre gli uomini, in numero di 3.000, vennero torturati e sacrificati sul luogo in cui era stato ucciso Amilcare Magone (nonno di Annibale). La città venne rasa al suolo e non fu mai più abitata. Sciolto l'esercito, il generale punico tornò a Cartagine portando con sé un immenso bottino. Nel 406 a.C. Cartagine, usando come pretesto le incursioni del siracusano Ermocrate nelle regioni di Mozia e Palermo , decise di tentare la conquista dell'intera Sicilia, nonostante i cittadini siracusani contrari a Ermocrate fossero ricorsi a negoziati nel tentativo di evitare la guerra. Annibale Magone ripartì, quindi, alla conquista delle città greche della costa meridionale siciliana con un esercito di Libi, Maurusi, Iberi, Fenici, Campani e Numidi. I Siracusani, vinta una piccola battaglia navale coi Cartaginesi nei pressi di Erice, intuendo l'imminente spedizione punica inviarono invano richieste d'aiuto alle città greche d'Italia ed a Sparta. Annibale come prima mossa assediò la città di Akragas , cui aveva invano chiesto di allearsi o restare neutrale. Grazie alla posizione difficilmente prendibile (Akragas sorgeva su colline scoscese che erano state fortificate da ciclopiche mura nei punti più vulnerabili) gli Agrigentini respinsero l'attacco e lo stesso Annibale morì in un'epidemia di peste che divampò nell'accampamento cartaginese. Il vice di Annibale, Imilcone, riuscì a risollevare gli animi nell'accampamento cartaginese , ma dovette fronteggiare l'arrivo di 35.000 siracusani in aiuto ad Akragas. I Carteginesi diedero battaglia per intercettare l'esercito siceliota, ma ebbero la peggio e persero 6.000 uomini. I generali agrigentini non sfruttarono però l'occasione di rompere l'assedio ed attaccare i Cartaginesi in ritirata. La situazione si capovolse nuovamente nelle settimane successive, quando una flotta di Imilcone, salpata da Palermo e Mozia, riuscì ad ottenere una grande vittoria contro un convoglio di navi siracusane che portavano provviste ad Agrigento. I mercenari campani e gli alleati greci che difendevano Akragas, giudicando disperata la situazione, decisero allora di abbandonare la città e furono presto seguiti dai civili. La città sguarnita fornì ai Punici un bottino mai visto: dopo sette mesi di assedio, Akragas cadde nel dicembre del 406 a.C. Conquistata Akragas, Imilcone pose l'assedio a Gela . Gli abitanti di Gela resistettero fino all'arrivo di Dionisio I, nuovo tiranno di Siracusa, che era giunto in soccorso con un esercito di circa 30.000 fanti, accompagnato da una flotta di 50 navi. Dopo uno stallo di qualche settimana di fronte alle mura di Gela, Dionisio tentò un assalto di sorpresa all'accampamento punico, che venne respinto. Visto il fallimento della sua offensiva, decise di evacuare nottetempo tutta la popolazione di Gela e successivamente anche quella di Camarina , visto che non sarebbe riuscito a difendere nemmeno questa città. Imilcone poté quindi occupare le due città sulla strada di Siracusa senza colpo ferire. Arrivato fin sotto le mura di Siracusa, l'esercito cartaginese venne tuttavia colpito da un'epidemia che fece perdere a Imilcone la metà dei suoi uomini e lo costrinse a offrire un trattato di pace (404 a.C.) a Dionisio prima di ritornare a Cartagine: i Cartaginesi avrebbero conservato l'egemonia sui territori dei Sicani e degli Elimi ; le città conquistate potevano essere ripopolate a patto di non erigere mura difensive e pagare un regolare tributo a Cartagine; Leontini , Messina e tutte le altre città siceliote e sicule rimanevano libere di reggersi con proprie leggi. Imilcone tornò trionfalmente in Africa e sciolse il suo esercito. Subito dopo la partenza dei Cartaginesi, Dionisio I cominciò a fare progetti per eliminare la presenza punica dalla Sicilia. Innanzitutto fece costruire a Siracusa un eccezionale apparato difensivo (27 km di mura) il cui fulcro era il castello Eurialo , la più imponente ed evoluta opera difensiva della grecità; inoltre fortificò l'isola di Ortigia, rendendola una fortezza praticamente inespugnabile, in cui era ammessa soltanto la sua guardia del corpo. Nel frattempo ignorò completamente gli articoli del trattato firmato l'anno prima con Imilcone, che garantiva l'autonomia delle città greche di Sicilia, e nel 403 a.C. sottomise Nasso, Catania e Leontini, trasferendone gli abitanti a Siracusa. Nel 398 a.C. , quindi, chiamati a raccolta i reduci dalla invasione cartaginese e allestita una imponente flotta, ruppe il trattato di pace sconfinando con 80.000 fanti e 3000 cavalieri nella zona di Erice, città elima dalla quale il tiranno ricevette aiuti militari. Arrivò quindi di fronte alla città fortificata di Mozia, situata su un'isola poco distante dalla costa siciliana e collegata ad essa da una sola strada: gli abitanti distrussero immediatamente la strada per impedire l'assedio. A questo punto anche le città dei sicani passarono dalla parte dei greci, rimanendo di parte punica solo gli abitanti di Selinunte, Palermo, Segesta, Entella ed Ancira, città che subirono la devastazione delle campagne. Il capo cartaginese Imilcone cercò di distogliere Dioniso dall'assedio di Mozia con una incursione nel porto di Siracusa; l'incursione portò alla distruzione di diverse navi, ma Dionisio continuò l'assedio di Mozia costruendo un molo di accesso alla fortezza e sfruttando macchine d'assalto di nuova concezione: catapulte e torri d'assedio di sei piani. Imilcone salpò quindi colla flotta da Selinunte ed entrò nella laguna dello Stagnone dove distrusse molte navi siracusane. Dionisio ebbe l'idea di far trasportare a braccia in mare aperto, fuori dalla laguna, le rimanenti navi attraverso un breve tratto di terra, spiazzando tatticamente il nemico che si trovava a quel punto in parte all'interno della laguna. La mossa temeraria dei Siracusani ed il tiro delle catapulte indussero i Cartaginesi a ritirarsi e abbandonare Mozia al suo destino. Dionisio si poté così dedicare all'assalto di Mozia che capitolò solo dopo un sanguinoso assedio. I Moziesi sopravvissuti furono tutti venduti ad eccezione dei greci che vi vivevano che finirono crocifissi. Quelli che riuscirono a fuggire fondarono Lilibeo. Dopo aver lasciato in città una piccola guarnigione di Siculi e una flotta comandata dal fratello Leptine per impedire ai Cartaginesi di sbarcare un esercito in Sicilia, Dionisio I tornò a Siracusa.
Πηγή: https://it.m.wikipedia.org/wiki/Guerre_greco-puniche

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