Nel più antico significato del termine, un esarca era un ufficiale imperiale di basso rango. Si trova riscontro di quest'accezione nelle cronache di Giovanni Malala e di Teofane Confessore, in cui Narsete è definito exarchus. Anche il futuro imperatore Focas, quando si ribellò all'imperatore legittimo Maurizio (602) deteneva la carica di exarchus nei Balcani. Invece nelle province occidentali dell'Impero, a partire dagli anni ottanta del VI secolo, esarchi vennero detti i prefetti imperiali o viceré che governavano i territori d'oltremare frutto delle grandi conquiste del regno di Giustiniano ; territori che, per la loro particolare posizione geografica rispetto alla capitale, necessitavano di un particolare regime di autonomia amministrativa e autosufficienza militare. Vennero dunque creati l' Esarcato d'Italia (584- 751), con capitale Ravenna e giurisdizione su tutti i territori bizantini della penisola e una Esarcato d'Africa (591- 698), con capitale Cartagine e giurisdizione estesa anche su Sardegna, Corsica e territori bizantini in Spagna meridionale. In precedenza, gli Esarcati d'Italia e di Africa venivano chiamati Prefettura del pretorio d'Italia (553 -584) e Prefettura del pretorio d'Africa (534 -591). La carica di Esarca nella sua nuova accezione di viceré si ritiene sia stata creata nel 584 ca. dall'imperatore Maurizio ed era la nuova massima autorità civile e militare dell'Italia e dell'Africa bizantine (in Africa l'esarcato venne introdotto nel 591 circa); il Prefetto del pretorio continuò comunque ad esistere come funzionario civile subordinato all'esarca fino alla metà del VII secolo. Di solito gli Imperatori assumevano come esarchi degli eunuchi, di norma di origini orientali, in quanto non potevano proprio in quanto eunuchi aspirare al trono e dunque godevano maggiormente della fiducia del sovrano. Di norma insieme al titolo di esarca assumevano anche la dignità di "patrizio" ed erano selezionati tra i più alti dignitari palatini. Il primo esarca d'Italia di cui si hanno notizie potrebbe essere stato Decio, un patrizio romano che potrebbe essere l'esarca citato in una lettera del 584 di Papa Pelagio II che menziona proprio Decio. Il primo esarca d'Africa di cui si hanno notizie viene menzionato invece in una fonte scritta nel 59. Va detto comunque che alcuni studiosi hanno avanzato dubbi sull'effettiva esistenza di un esarcato d'Africa, in quanto l'esistenza di un esarca di Cartagine (Gennadio) viene attestata solo da un'epistola di Papa Gregorio Magno del 591, mentre altre fonti chiamano i governatori di Cartagine prefetti o patrizi . Lo stesso Gennadio, esarca attestato da Gregorio Magno, in un'epigrafe risulta avere invece il titolo di patricius o magister militum. Altri governatori noti come esarchi d'Africa (ad esempio Eraclio il Vecchio, Gregorio il Patrizio ecc.) nelle fonti primarie risultano avere il titolo di patricius, o praefectus, e non vengono mai definiti esarchi (almeno nelle fonti primarie). Non è quindi da escludere che Gregorio Magno in quella lettera abbia usato un termine improprio, chiamando esarca chi in realtà deteneva la carica di patrizio o magister militum. I territori posti sotto il controllo dell'esarca vennero a loro volta ripartiti in circoscrizioni territoriali più piccole, rette da duces o magistri militum. Spesso gli Esarchi si ribellavano all'Imperatore, cercando di proclamare la loro indipendenza. Tra questi, si ricorda l'esarca d'Italia Eleuterio, che nel 619 tentò di restaurare l' Impero d'Occidente, cercando di farsi incoronare Imperatore romano dal Senato di Roma ; tuttavia, prima di raggiungere la Città Eterna , l'esarca ribelle venne ucciso da uno dei suoi soldati. La carica di Esarca scomparve a causa della graduale perdita dei territori occidentali; già nel 698 non esisteva più un esarcato (e di conseguenza un esarca) d'Africa a causa della conquista di Cartagine e di tutto il Nord Africa bizantino ad opera degli Arabi ; nel 751 i Longobardi conquistarono Ravenna e posero fine anche all'Esarcato d'Italia. Callinico (... – Ravenna, 602) fu esarca di Ravenna dalla fine del 596 al 602 circa. È stata avanzata l'identificazione con un patrizio omonimo attestato intorno al 565 come portavoce del senato, ma tale possibile identificazione appare a vari studiosi improbabile per l'enorme intervallo che intercorre tra il 565 e il 596, che rende improbabile che i due Callinico siano la stessa persona (il Callinico esarca sarebbe troppo vecchio se fosse il patrizio del 565). Callinico (noto anche come Gallinico o Gallicino) divenne esarca di Ravenna verso la fine del 596. A differenza del suo predecessore Romano, i cui rapporti con papa Gregorio Magno erano molto tesi, Callinico cedette alle pressioni del pontefice, che premeva per una tregua tra Impero e Longobardi. Nel 598 Callinico firmò una tregua con i Longobardi, che, sebbene definita «fermissima» da Paolo Diacono, probabilmente fu solo biennale. Copertosi in tal modo le spalle contro colpi di mano militari dei Longobardi, Callinico si dedicò alla difesa della parte settentrionale dell'Istria , minacciata da un'invasione degli Slavi , che respinse sconfiggendoli nell'estate del 599. In politica religiosa, Callinico assunse un atteggiamento tutto sommato tollerante nei confronti degli aderenti allo scisma tricapitolino , ricevendo le critiche di papa Gregorio, che invece voleva maggiore durezza. Inoltre assunse il ruolo di mediatore tra papa Gregorio e il Vescovo di Salona, accusato da Gregorio di simonia, contribuendo alla riconciliazione tra i due. Nel 601 -602, nel tentativo di costringere il governo longobardo a rinnovare il trattato di pace, occupò Parma e fece prigionieri una figlia e il genero di re Agilulfo. Il re longobardo rispose tuttavia con un'invasione del Veneto bizantino, mettendo a ferro e fuoco Padova e impadronendosi di Monselice. A causa dei rovesci subiti, fu richiamato e sostituito da Smaragdo, che divenne così esarca per la seconda volta. Smaragdo (... – 611), patrizio bizantino, fu nominato per due volte esarca di Ravenna, nei periodi ( 585 -589 ) e ( 603- 608?). Talvolta è menzionato nei documenti col nome di Smeraldo. La sua carriera politica iniziò nell'anno 585, quando l'imperatore bizantino Maurizio (582-602) lo inviò nella penisola per governare Ravenna in qualità di esarca imperiale, dopo aver stabilito il riordinamento amministrativo dell'Esarcato d'Italia. Viene citato per la prima volta nell'Epistola 3 di Papa Pelagio II del 585/586. Nel 585, strinse una tregua di tre anni con Autari, re dei Longobardi. Si rivelò ben presto un esarca dal temperamento forte e deciso; è ricordato, in particolare, per la sua crudeltà nei confronti degli aderenti alla controversia dei Tre Capitoli, guidati da Severo patriarca di Aquileia; nel 586/587 Smaragdo arrestò Severo, tre vescovi scismatici istriani e il defensor della chiesa di Grado, che vennero costretti con la violenza a rinnegare le proprie credenze ereticali. Gli eccessi di Smaragdo continuarono tanto da indurre Maurizio a richiamarlo in patria nel 589. Secondo Paolo Diacono, fu sostituito con l' esarca Romano; tuttavia un'iscrizione rinvenuta negli ultimi decenni attesta che il 31 marzo 589 era esarca un certo Giuliano, e ciò ha permesso di stabilire che nell'intervallo di tempo tra il richiamo di Smaragdo e l'arrivo di Romano in Italia fu esarca il già citato Giuliano, che fu esarca comunque per pochi mesi. In seguito agli insuccessi dell'esarca Callinico contro i Longobardi, questi fu sostituito da Smaragdo, che ritornò dunque in Italia tra il 602 e il 603. Secondo alcuni studiosi, sarebbe stato l'imperatore bizantino Foca (602-610), che ascese al trono assassinando Maurizio in un momento critico per Bisanzio , a inviare di nuovo Smaragdo a governare Ravenna ; non si può escludere però la possibilità che Smaragdo fosse stato inviato in Italia da Maurizio nel 602, prima del suo assassinio. Smaragdo, non potendo contare sull'invio di rinforzi dall'Oriente in quanto l'Impero era impegnato in una difficile guerra contro la Persia, fu obbligato giocoforza a stringere una tregua con i Longobardi nel 603, che fu rinnovata fino al 605; quando poi, alla scadenza della tregua, i Longobardi conquistarono Bagnoregio e Orvieto in Toscana, Smaragdo si risolse a rinnovare la tregua per un anno e poi ancora per altri tre anni. Nel 609 la tregua fu rinnovata per un altro anno: Agilulfo inviò Stabiliciano a Costantinopoli, dove fu conclusa la tregua. La tregua fu rinnovata ogni anno fino al 615. Secondo gli studi storiografici più datati, dopo l'omicidio dell'imperatore Foca, Smaragdo fu sostituito nel 611 dall'esarca Giovanni I Lemigio e morì in patria nello stesso anno. Tuttavia non vi sono evidenze di ciò: l'ultima menzione nelle fonti di Smaragdo esarca a Ravenna si ha nel 608, quando innalzò a Roma una colonna in onore di Foca. Non è certo quando Smaragdo fu richiamato a Costantinopoli, di sicuro fu esarca fino ad almeno al 608. Fu sostituito da un tal Fozio, di cui non sappiamo molto. Giovanni I Lemigio ( Costantinopoli , ... – Ravenna, 616) è stato un esarca bizantino, esarca d'Italia dal 611 al 616. Giovanni I Lemigio nacque alla fine del VI secolo, probabilmente a Costantinopoli , dove espletò la carriera di funzionario imperiale. Secondo la storiografia più datata, nel 611, essendo morto l'esarca Smaragdo, l' imperatore di Bisanzio Eraclio I conferì a Giovanni l'incarico di sostituirlo, inviandolo a Ravenna a prendere possesso dell'Esarcato d'Italia assieme ad una nutrita schiera di funzionari. Tuttavia, gli studi storiografici più moderni hanno messo in dubbio che Giovanni I Lemigio fosse succeduto a Smaragdo nel 611, sostenendo che tra il mandato di Smaragdo e quello di Giovanni sarebbe stato esarca un certo Fozio, e allo stato attuale della ricerca non è possibile determinare con esattezza l'inizio del suo mandato. Giovanni mantenne la pace con il re dei Longobardi Agilulfo , ma aumentò la pressione fiscale sui sudditi dell'Impero, dilazionando al contempo il saldo della paga ad alcuni reparti di stanza a Ravenna. Nel 616 la guarnigione e la popolazione della capitale insorsero, impadronendosi del palazzo esarcale (già sede di Teodorico il Grande) e uccidendo Giovanni e tutti i suoi funzionari, ritenuti responsabili della situazione. Dopo la morte di Giovanni, i ribelli posero dei giudici a capo della sollevazione. La rivolta fu in seguito domata dal nuovo esarca inviato da Eraclio, Eleuterio. Eleuterio (... – Castrum Luceoli, 620) è stato un esarca bizantino, esarca d'Italia dal 616 al 619. Nulla si sa della sua vita prima di giungere in Italia, se non che era un eunuco di corte che deteneva la carica influente di cubicularius , ovvero addetto alla camera imperiale. Comunque, doveva godere della stima dell'Imperatore Eraclio I dato che quest'ultimo gli affidò il governo dell'Italia bizantina nominandolo esarca in un periodo di grande instabilità per i territori bizantini d' Italia: Ravenna era in fermento e una rivolta aveva ucciso l'esarca Giovanni I Lemigio e i "giudici della Repubblica", mentre Napoli era stata sottratta al controllo esarcale da un certo Giovanni di Compsa. Queste sedizioni, come sembra suggerire una frase del Liber Pontificalis (si veda sotto), sembrano essere state di natura militare, dovute a un mancato pagamento delle truppe, che quindi si sarebbero rivoltate. Primo compito di Eleuterio fu appunto quello di reprimere le rivolte a Ravenna e Napoli. Giunto a Ravenna evidentemente con truppe sufficienti allo scopo prefissatosi, Eleuterio represse con durezza la rivolta, punendo severamente tutti coloro che erano stati coinvolti nell'assassinio dell'esarca e dei "giudici della Repubblica", giustiziandoli. Riportato l'ordine a Ravenna, Eleuterio si mosse con il suo esercito in direzione di Napoli, effettuando una sosta a Roma, dove fu accolto con reverenza dal Papa Adeodato I. Dopo la sosta nella Città Eterna, riprese il cammino verso la città partenopea, rivoltatasi all'Impero sotto la guida di Giovanni di Compsa, e, dopo un breve assedio, la espugnò, ponendo fine alla rivolta; il ribelle fu giustiziato, insieme ai suoi seguaci, per ordine di Eleuterio. Ritornato a Ravenna, pagò ai soldati la roga, ovvero il soldo arretrato, e, secondo il biografo di Papa Adeodato, ciò determinò il ritorno della pace in Italia, segno che le rivolte erano dovute a un ritardo nelle paghe. Ripristinata la pace interna nell'esarcato, Eleuterio poté quindi concentrarsi nella lotta ai Longobardi, come sembra gli avesse ordinato l'Imperatore Eraclio stesso: secondo la Cronaca del continuatore di Prospero Aquitano, infatti, «Eraclio inviò Eleuterio a proteggere tutta l'Italia, che i Longobardi non avevano ancora occupato». Per rinforzare la posizione bizantina nell'Italia centro-settentrionale e per approfittare del momento di relativa debolezza interna del regno longobardo, retto dal minorenne Adaloaldo sotto la reggenza della madre Teodolinda, tra il 617 e il 619 Eleuterio mosse guerra ai Longobardi. La campagna, tuttavia, fu un insuccesso, come racconta l'anonimo continuatore del Chronicon di Aquitano. Poco tempo dopo, Eleuterio, pur non avendo in teoria i requisiti per assumere la porpora imperiale (essendo un eunuco), probabilmente approfittando della confusione del momento, decise di rivoltarsi contro Eraclio facendosi proclamare imperatore d'Occidente: secondo lo studioso Bertolini, l'intento dell'esarca ribelle era quello di «ridare all'Italia un impero indipendente, pari di rango all'impero in Oriente», anche se non si può escludere, come sostiene T.S. Brown, che «le sue ambizioni contemplassero soltanto l'instaurazione, nell'Italia bizantina, di un governo autonomo». Come sembra suggerire un passo della Cronaca del continuatore di Prospero, non è da escludere che prima di rivoltarsi, Eleuterio abbia comprato la neutralità dai Longobardi, forse già durante le trattative di pace dopo le sconfitte subite contro Sundrarit : quella parte dei Longobardi schierata dalla parte del re Adaloaldo e della reggente Teodolinda avrebbe visto con favore la restaurazione di un Impero romano d'Occidente autonomo da quello d'Oriente, perché «la prospettiva di una restaurazione imperiale, a opera di un esarco sconfitto e oggettivamente debole, avrebbe posto l'organismo politico da lui creato sotto l'influenza politica longobarda». Vi era però una fazione dei Longobardi che vedeva con ostilità i rapporti tutto sommato amichevoli che Teodolinda e Adaloaldo avevano stretto con l'Impero e che sembra abbia osteggiato l'impresa, temendo forse che Eleuterio fosse stato sottovalutato come nemico dalla corte di Teodolinda. La rivolta, come sembra confermare la biografia di Papa Bonifacio V , iniziò all'incirca nel dicembre 619, poco prima l'ordinazione del nuovo pontefice. Dalle monete fatte coniare dalla zecca di Ravenna da Eleuterio a suo nome durante la rivolta risulta che l'esarca ribelle avesse assunto, usurpando la porpora, il nome imperiale di Ismailius, altrimenti taciuto dalle fonti. Poco tempo dopo, probabilmente agli inizi del 620, Eleuterio/ Ismailius , si recò dall'arcivescovo di Ravenna Giovanni IV, con ogni probabilità per farsi incoronare (all'epoca era prassi che un nuovo imperatore fosse incoronato da un ecclesiastico), l'arcivescovo, tuttavia, evitò di prendersi questa responsabilità, forse temendo l'ira di Eraclio nel caso l'usurpazione fosse stata repressa; consigliò, piuttosto, ad Eleuterio di recarsi a Roma per farsi incoronare nell'antica Caput Mundi, o dal papa (secondo Ravegnani) o dal senato romano (secondo Bertolini). Secondo Bertolini la sua idea di farsi incoronare a Roma «rivelava la consapevolezza di ciò che sempre rappresentava Roma, prima sede e culla dell'impero, come perenne custode dell'antica tradizione imperiale. Provava inoltre che a Roma esisteva sempre un senato, e che ad esso si attribuiva ancora la prerogativa di essere il depositario del potere sovrano in concorrenza con gl'imperatori, e la capacità giuridica di convalidare la proclamazione di un nuovo imperatore. Al senato di Roma, infatti, e non al papa, ebbero certo la mente così l'arcivescovo di Ravenna come l'esarco ribelle.» Eleuterio, reputando valido il consiglio, iniziò i preparativi per il viaggio. Secondo lo studioso Classen, si trattava della «prima marcia di incoronazione a Roma della storia del mondo». Il viaggio verso Roma, iniziato probabilmente nella tarda estate del 620, si concluse però in tragedia: infatti, giunto nei pressi di Castrum Luceoli con i pochi che lo accompagnavano (alcuni studiosi hanno suggerito che vi fossero state delle diserzioni nell'esercito di Eleuterio che lo resero "paucis", cioè piccolo), l'esarca ribelle fu ucciso da soldati fedeli a Eraclio. Secondo la ricostruzione di Bertolini, i soldati ("militibus") che uccisero Eleuterio erano quelli del Castrum Luciolis, che avrebbero sbarrato la strada a Eleuterio e ai pochi che lo accompagnavano ("paucis comitantibus"), e una volta vinto l'esercito di Eleuterio e fatto prigioniero l'esarca, lo uccisero. Tuttavia, secondo la biografia di Papa Bonifacio V contenuta nel Liber Pontificalis, Eleuterio fu ucciso da soldati ravennati ("militibus ravennatis"). Il Liber Pontificalis e Agnello Ravennate riferiscono che, ucciso con la spada, venne decapitato e la sua testa spedita in un sacco a Eraclio a Costantinopoli. Isacio o Isacco l'Armeno, proveniente dalla famiglia armena dei Kamsarakan, fu esarca di Ravenna dal 625 e il 643, durante i regni di Eraclio I e, stando ai limiti massimi della datazione, dei suoi successori Eraclio II, Costantino III e Costante II. Da un'iscrizione in greco in sua memoria conservatasi a Ravenna è riportata in breve la sua carriera al servizio dell'Impero: « 1. Qui giace colui che fu valorosamente stratego custodendo inviolati Roma ed il Ponente. 2. per tre volte sei anni ai sereni signori, Isacio, l’alleato degli imperatori. 3. il grande ornamento di tutta l’Armenia; costui era infatti armeno e di nobile stirpe. 4. Essendo deceduto gloriosamente, la casta moglie Susanna, alla maniera di una venerabile tortora. 5. geme incessantemente, essendo stata privata del marito, uomo che ottenne fama dalle fatiche. 6. nel Levante e nel Ponente; comandò infatti l’esercito di Ponente e d’Oriente. » (Iscrizione commemorativa). Isacio era quindi un armeno di nobili origini, probabilmente della famiglia di Kamsarakan, aveva per moglie Susanna e aveva combattuto sia in Occidente che in Oriente. Da quest'ultima affermazione dell'iscrizione dedicata alla sua memoria si può ricavare che prima di arrivare in Italia (nel 625 ca.) fosse stato un generale in Oriente, forse magister militum per Orientem o dux. Secondo la già citata iscrizione in greco, resse l'Italia per 18 anni, dal 625 al 643, quindi. Un'altra iscrizione, in cui l'esarca piange la scomparsa a soli 11 anni di un nipote per parte di padre, Gregorio, sembra suggerire che Isacio fosse venuto in Italia con tutta la famiglia. Il suo arrivo in Italia, intorno al 625, coincise con la deposizione del re longobardo Adaloaldo ad opera dei suoi oppositori politici, che non approvavano né la politica di pacificazione con l'Impero adottata da Adaloaldo, né il fatto che fosse cattolico; essi allora elessero loro nuovo re Arioaldo , duca di Torino, e deposero Adaloaldo. Papa Onorio I (625-638), che non vedeva di buon occhio la deposizione di un re cattolico (Adaloaldo) ad opera di un re di fede ariana (Arioaldo), scrisse un'epistola al nuovo esarca Isacio, chiedendogli di aiutare il re longobardo Adaloaldo a riprendersi il trono usurpatogli da Arioaldo e di punire dei vescovi transpadani, che avevano appoggiato l'usurpazione. Tuttavia l'esarca decise di rimanere neutrale, favorendo Arioaldo, che così poté mantenere il trono. Secondo una notizia sospetta del cronista dei Franchi Fredegario, intorno al 630 Isacio fu contattato da re Arioaldo, che aveva problemi con il duca ribelle di Tuscia Tasone; Arioaldo chiese all'esarca di uccidere proditoriamente il duca ribelle, offrendogli in cambio la riduzione del tributo che l'esarcato doveva versare ai Longobardi da tre a due centenaria. Isacio, allora, contattò Tasone, invitandolo a recarsi a Ravenna disarmato per stringere con lui un'alleanza; quando, però, Tasone entrò nella capitale dell' esarcato, fu assalito all'improvviso dai soldati dell'esarca, che lo uccisero; Arioaldo, soddisfatto del risultato, mantenne la promessa della riduzione del tributo. Il racconto di Fredegario, tuttavia, è ritenuto sospetto in quanto Paolo Diacono narra un episodio simile ma in modo leggermente diverso, ovvero l'episodio dell'uccisione dei duchi del Friuli Tasone e Caco ordita a Oderzo (nel Veneto) dal patrizio Gregorio tra il 619 e il 625. Esistono quindi due possibilità: o Fredegario e Paolo Diacono narrano lo stesso episodio ma in modo contraddittorio o esistettero due duchi di nome Tasone, uno di Tuscia e uno del Friuli, che per una coincidenza subirono la stessa sorte, ovvero venire attirati in una città e uccisi con l'inganno da un patrizio bizantino. Isacio era esarca quando nel 638 Eraclio ordinò che il nuovo pontefice , Severino confermasse la sua Ekthesis, cioè la professione di fede monotelita : al rifiuto del papa Isacio reagì in materia brutale. Nel 640, sfruttando il malcontento dei soldati per i forti ritardi della paga, il chartularius Maurizio istigò i militari a fare rappresaglia contro il Pontefice , accusato di aver sottratto il compenso dovuto, e quindi, dopo tre giorni di assedio, fu sequestrato il tesoro della Chiesa romana custodito nel Laterano. Poco dopo Maurizio scrisse all'esarca Isacio, narrandogli di quanto era accaduto, e, dopo aver ricevuto queste notizie, Isacio si recò di persona a Roma, dove bandì alcuni ecclesiastici, fece l'inventario del tesoro sequestrato e lo inviò in parte a Costantinopoli ad Eraclio e parte lo tenne per sé. In seguito (intorno al 642), Isacio dovette fronteggiare la rivolta dello stesso Maurizio, che accusò l'esarca di avere l'intenzione di usurpare la porpora, ottenendo l'appoggio dei soldati nelle fortezze circostanti. Venuto a conoscenza della rivolta, Isacio inviò il sacellario e magister militum Dono nella Città Eterna per sedarla. La missione di Dono fu coronata da successo: Maurizio, abbandonato dai suoi stessi uomini, fu catturato in una chiesa di Roma detta ab Praesepe e, per ordine dell'esarca, condotto lontano dall'Urbe. Fu decapitato a Ficocle, la sua testa venne poi esposta al circo di Ravenna. Gli altri prigionieri, messi in carcere in attesa di conoscere la loro pena, si salvarono grazie all'improvviso decesso dell'esarca (avvenuto, secondo la testimonianza ostile del Liber Pontificalis, per intervento divino), che determinò la loro liberazione. È possibile che Isacio sia stato ucciso dai Longobardi durante la battaglia dello Scultenna nel 643 (vedi Infra). Nel frattempo, con l'ascesa al trono di re Rotari , avvenuta nel 636, a settentrione crebbe la pressione longobarda : Rotari, infatti, decise di abbandonare la politica di pacificazione con l'Impero intrapresa dai suoi immediati predecessori, attaccando nel 639 Oderzo e Altino, le ultime città nell'entroterra veneto ancora in mano bizantina; dopo una strenua resistenza, Altino venne distrutta e Oderzo conquistata, costringendo gli abitanti a migrare nelle lagune che costituiranno Venezia: gli abitanti di Oderzo si trasferirono a Eraclea, mentre quelli di Altino a Torcello. Nel 639, per ordine dell'esarca Isacio, venne fondata la nuova cattedrale di Santa Maria Madre di Dio di Torcello, per accogliervi la sede episcopale del vescovo altinate , la cui città era stata appena distrutta dal re Rotari : « Nel nome del Signore Dio nostro Gesù Cristo, essendo imperatore il nostro signore Eraclio perpetuo Augusto, nell'anno ventinovesimo, indizione tredicesima, è stata fatta la chiesa di Santa Maria Madre di Dio, per ordine del nostro pio e devoto signore Isacio eccellentissimo esarca e patrizio, e, a Dio piacendo, è stata dedicata in favore dei suoi meriti e del suo esercito. Questa è stata fabbricata sin dalle fondamenta grazie al benemerito Maurizio, glorioso magister militum della provincia di Venezia, residente in questo suo luogo, con la consacrazione del santo e reverendissimo Mauro felicemente vescovo di questa chiesa.» Per la citazione nell'epigrafe dei « suoi meriti e del suo esercito», in virtù dei quali la cattedrale era stata dedicata a Isacio, si può dedurre che l'esarca avesse fatto almeno un tentativo per contrastare l'attacco di Rotari ad Altino e Oderzo, ma compresa l'impossibilità di mantenere gli ultimi residui dell'entroterra veneto ancora in mano bizantina, decise di far evacuare le due città, conducendo in salvo gli abitanti nelle lagune. Nel 643 Rotari attaccò l'esarcato e, secondo Paolo Diacono, inflisse nella battaglia dello Scultenna una grave sconfitta all'esercito bizantino (probabilmente anche l'esarca stesso perì nel corso della battaglia), anche se la vittoria longobarda va ridimensionata poiché Rotari non riuscì a conquistare Ravenna né i suoi dintorni, segno che, pur perdendo, i Bizantini erano riusciti a fermare l'avanzata del re longobardo. Il vuoto di potere creatosi nell'Italia bizantina in seguito alla battaglia (e al probabile decesso dell'esarca) permise comunque a Rotari di occupare la Liguria bizantina: negli ultimi mesi del 643 caddero in rapida successione Genova, Albenga, Varigotti, Savona e Luni, che vennero rase al suolo, stando a quanto tramanda Fredegario. Teodoro Calliope ( cit. 648; ... – ...) è stato un esarca bizantino, per due volte esarca d'Italia. Teodoro Calliope (o anche Calliopa, secondo altre grafie) era figlio di Apollenarius, già prefetto del pretorio in Italia. Rivestì due volte la carica di esarca, dal 648 al 649 e dal 652 al 666 circa. Nel 648 l'imperatore Costante II nominò Teodoro nuovo esarca d'Italia. Resse l'Esarcato per due anni, per poi venire richiamato a Costantinopoli. Fece ritorno a Ravenna nel 652 circa, con l'ordine, da parte di Costante II, di arrestare papa Martino I. Teodoro giunse a Roma accompagnato dall'esercito e il pontefice venne fatto prigioniero nella Basilica del Salvatore in Laterano (17 giugno 653) e costretto ad imbarcarsi alla volta di Costantinopoli. Teodoro tornò poi in fretta a Ravenna, temendo una sollevazione popolare. Rimase in carica fino al 666. Pare che avesse una moglie di nome Anna e dei figli. Platone ( cit. 646; ... – ...) è stato un esarca bizantino, esarca d'Italia dal 646 al 648 ca. Platone fu esarca di Ravenna in un periodo incerto tra il 645 e il 649.Rivestito della dignità di patrizio , contribuì a far ritrattare all'ex patriarca di Costantinopoli, Pirro I, l'abiura del monotelismo che questi aveva compiuto a Roma, di fronte a papa Teodoro I. Tornato a Costantinopoli prima della fine del 649, divenne consigliere dell'imperatore Costante II per questioni inerenti alla chiesa romana. Nel 653, al tempo del processo a papa Martino I, si trovava ancora nella capitale imperiale. Nulla si conosce riguardo alla sua morte. Olimpio o Teofilatto ( cit. 649; ... – ...) è stato un esarca bizantino, esarca d'Italia dal 649 al 652 ca. Nel 649 fu inviato dall'Imperatore Costante II in Italia per governarla come esarca e reprimere con la violenza l'aperta opposizione di papa Martino I al Typos, l'editto religioso imperiale anatemizzato dal pontefice come eretico. Secondo il Liber Pontificalis, Costante II gli avrebbe detto: « Conviene alla tua gloria, come ci ha suggerito di agire il patriarca di questa città (che Dio la protegga), Paolo, che, se troverai in quella provincia qualcuno d’accordo con l’editto da noi esposto, ti impadronirai di tutti i vescovi che sono lì e del clero e […] li costringerai a sottoscrivere il medesimo editto. Altrimenti, come ci hanno suggerito il glorioso patrizio Platone e il glorioso Eupraxio, se avrai potuto persuadere l’esercito che è stanziato lì, ti ordiniamo di impadronirti di Martino, che era apocrisario nella città regia, e dopo di ciò sia fatto leggere in tutte le chiese il Typus ortodosso da noi redatto e sia fatto sottoscrivere da tutti i vescovi d’Italia. Se però in questa faccenda troverai che l’esercito è contrario, te ne starai zitto finché non avrai la provincia sotto il tuo controllo e sarai riuscito a riunire un esercito, tanto della città di Roma che di Ravenna, affinché possiate compiere fino in fondo le cose che vi sono state ordinate. » Olimpio giunse a Roma e, dopo aver tentato invano di «far nascere lo scisma nella santa Chiesa» con il sostegno dell'esercito, si risolse a ordire l'assassinio del Pontefice: secondo il Liber Pontificalis avrebbe ordinato a un suo spatario di assassinare il pontefice mentre quest'ultimo porgeva la comunione all'esarca nella chiesa della vergine Maria semprevergine madre di Dio detta ad Praesepe. Ma il piano sarebbe fallito grazie all'intervento divino che avrebbe accecato provvidenzialmente lo spatario impedendogli di vedere Papa Martino I. Visto l'assassinio del Santo Padre fallire, l'esarca Olimpio si riappacificò con lui e si rivoltò all'Impero staccando l'Italia da esso. Perì nel 652 in Sicilia mentre combatteva contro gli Arabi. Teodoro Calliope ( cit. 648; ... – ...) è stato un esarca bizantino, per due volte esarca d'Italia. Teodoro Calliope (o anche Calliopa, secondo altre grafie) era figlio di Apollenarius, già prefetto del pretorio in Italia. Rivestì due volte la carica di esarca, dal 648 al 649 e dal 652 al 666 circa. Nel 648 l'imperatore Costante II nominò Teodoro nuovo esarca d'Italia . Resse l'Esarcato per due anni, per poi venire richiamato a Costantinopoli. Fece ritorno a Ravenna nel 652 circa, con l'ordine, da parte di Costante II, di arrestare papa Martino I. Teodoro giunse a Roma accompagnato dall'esercito e il pontefice venne fatto prigioniero nella Basilica del Salvatore in Laterano (17 giugno 653) e costretto ad imbarcarsi alla volta di Costantinopoli. Teodoro tornò poi in fretta a Ravenna, temendo una sollevazione popolare. Rimase in carica fino al 666. Pare che avesse una moglie di nome Anna e dei figli. Gregorio ( cit. 666; ... – ...) è stato un esarca bizantino, esarca d'Italia dal 666 al 678 ca. Nel caso fosse vera la teoria secondo cui il Gregorio patrizio che ordì l'assassinio dei duchi del Friuli Caco e Tasone tra il 619 e il 625 sarebbe stato esarca, il Gregorio esarca dal 666 al 678 potrebbe essere stato il secondo con quel nome. È per la prima volta attestato nel 666 in un diploma dell'Imperatore Costante II all'arcivescovo di Ravenna Mauro in cui veniva concessa alla Chiesa Ravennate l'autocefalia, ovvero l'indipendenza dal Papato. Nel diploma in questione, a Gregorio viene ordinato di sostenere con le armi l'arcivescovo. Secondo alcuni studiosi ferraresi dell'età moderna, la cui teoria non è però supportata da fonti dell'epoca, durante il suo mandato, su richiesta dell'arcivescovo Mauro, avrebbe inviato un esercito a distruggere la città di Voghenza, in quanto rea di parteggiare per il Papa; i superstiti avrebbero fondato la nuova città di Ferrara. L'unico documento su cui si basa questa leggenda è però stato dimostrato essere un falso storico. Intorno al 667 Grimoaldo, re dei Longobardi, distrusse Forlimpopoli per punire la popolazione per essersi opposta al suo passaggio mentre accorreva per soccorrere il ducato di Benevento, invaso dai Bizantini. Nel 678 non era più in carica, essendogli succeduto Teodoro II. Teodoro II ( cit. 678; ... – ...) è stato un esarca bizantino, esarca d'Italia dal 678 al 687 ca. È per la prima volta attestato come esarca nel 678. Durante il suo mandato, si ebbe la riconciliazione tra il Papato e Costantinopoli , voluta da Costantino IV, con la condanna del monotelismo al Concilio di Costantinopoli nel 680 e il termine dell'autocefalia goduta dalla Chiesa di Ravenna dal 666 fino al 678/682. Narra Agnello Ravennate che, rimasto senza segretario, chiedesse ai suoi funzionari di trovarne un altro. Quando gli presentarono il candidato, Ioannicio (avo di Agnello Ravennate), che era deforme di aspetto fisico, Teodoro II, giudicando dal suo solo aspetto, stesse per mandarlo via, ma, persuaso dai suoi funzionari, decise di concedergli una possibilità. Mise alla prova le sue conoscenze in greco e latino e, constatando che padroneggiava perfettamente entrambe le lingue, lo assunse. Tre anni dopo, però, Ioannicio fu inviato a Costantinopoli. Il suo mandato, ricordato per il suo buon governo, ebbe fine intorno al 687, quando è esarca Giovanni Platyn. Giovanni II Platino ( cit. 687; ... – ...) è stato un esarca bizantino, esarca d'Italia dal 687 al 702 ca.Nel 687, durante il conclave per eleggere un nuovo pontefice, ricevette da uno dei candidati al soglio pontificio, Pasquale, la richiesta di fare in modo che venisse eletto papa, in cambio di una grossa somma di denaro. Giovanni ordinò, quindi, ai suoi sottoposti di influire sul conclave in modo che venisse eletto Pasquale, ma i suoi tentativi di influire sull'elezione non funzionarono ed, essendosi divisi gli elettori tra due candidati (Pasquale e Teodoro), fu eletto Papa un altro candidato, Sergio. Pasquale scrisse allora all' esarca, chiedendogli di recarsi a Roma per imporre come papa Pasquale. Platino si recò quindi a Roma ma non poté cambiare la decisione: non volendo però rinunciare alle 100 libbre d'oro promesse, si rifiutò di riconoscere per Papa Sergio se prima non gli avesse pagato la somma promessa da Pasquale. Dopo aver ricevuto tale somma, riconobbe Sergio come Papa e ritornò a Ravenna.
Πηγή: https://it.m.wikipedia.org/wiki/Esarca
Δεν υπάρχουν σχόλια:
Δημοσίευση σχολίου