L' assedio di Siracusa si riferisce alle operazioni belliche messe in atto dalle truppe romane di Marcello sotto le mura della polis di Syrakousai (odierna Siracusa) nel 212 a.C. Gli attacchi si svolsero per vie terrestri e per vie marittime ma in entrambi i casi l'esercito di Roma incontrò la insuperabile difesa pensata ed elaborata dallo scienziato e matematico Archimede. Durante l'assedio Ippocrate cercò rinforzi cartaginesi presso Eraclea Minoa ottenendo alcune vittorie contro i romani, Epicide invece rimase a Siracusa mantenendo sino all'ultimo una strenua difesa. Nel corso dell'assedio Archimede utilizzò le famose macchine belliche di sua invenzione. Greci : 25.000 soldati 155 navi, Romani: 2 legioni e 2 alae (pari a 16.000 fanti e 2.500 cavalieri) flotta di 100 navi. Durante il regno di Gerone II, tra Roma e Siracusa era stato firmato un trattato di pace, che garantì alla città siciliana garanzia di pace e prosperità per lungo tempo. Tuttavia, alla morte di Gerone II, subentrò il nipote Geronimo alla guida della città. Appena quindicenne e quindi impreparato ad affrontare le giuste scelte politiche, commise il grave errore di rompere immediatamente il trattato con i romani per allearsi con i Cartaginesi. Ma Geronimo morì in una cospirazione per mano di Dinomene. Succedette così Adranodoro il quale mantenne per breve tempo il potere, fino a quando venne assassinato. Subentrarono così i fratelli Ippocrate ed Epicide a difesa della città, inizialmente incerti su da che parte stare tra Roma e Cartagine. Alla fine prevalse il partito anti-romano. Archimede di Siracusa (Siracusa, 287 a.C. circa - Siracusa, 212 a.C.) è stato un matematico, fisico e inventore siracusano. Considerato come uno dei più grandi scienziati e matematici della storia, i contributi di Archimede spaziano dalla geometria all' idrostatica, dall'ottica alla meccanica. Fu in grado di calcolare la superficie e il volume della sfera e intuì le leggi che regolano il galleggiamento dei corpi. In campo ingegneristico, Archimede scoprì e sfruttò i principi di funzionamento delle leve e il suo stesso nome è associato a numerose macchine e dispositivi, come la vite di Archimede, a dimostrazione della sua capacità inventiva. Circondate ancora da un alone di mistero sono invece le macchine da guerra che Archimede avrebbe preparato per difendere Siracusa dall'assedio romano. La vita di Archimede è ricordata attraverso numerosi aneddoti, talvolta di origine incerta, che hanno contribuito a costruire la figura dello scienziato nella mente collettiva. Ad esempio, è rimasta celebre nei secoli l'esclamazione hèureka! (ho trovato! ) a lui attribuita dopo la scoperta del principio che porta il suo nome. Polibio, Tito Livio e Plutarco riferiscono che durante la seconda guerra punica , su richiesta di Gerone II, si dedicò (a detta di Plutarco con minore entusiasmo ma secondo tutti e tre con grandi successi) alla realizzazione di macchine belliche che aiutassero la sua città a difendersi dall'attacco di Roma. Plutarco racconta che, contro le legioni e la potente flotta di Roma, Siracusa disponeva di poche migliaia di uomini e del genio di un vecchio; le macchine di Archimede avrebbero scagliato massi ciclopici e una tempesta di ferro contro le sessanta imponenti quinquereme di Marco Claudio Marcello. Fu ucciso nel 212 a.C., durante il sacco di Siracusa. Secondo la tradizione l'uccisore sarebbe stato un soldato romano che, non avendolo riconosciuto, non avrebbe eseguito l'ordine di catturarlo vivo. " « Ad un tratto entrò nella stanza un soldato romano che gli ordinò di andare con lui da Marcello. Archimede rispose che sarebbe andato dopo aver risolto il problema e messa in ordine la dimostrazione. Il soldato si adirò, sguainò la spada e lo uccise. "(Plutarco). All'alba, forzato l'Esapilo, Marcello, entrato in città con tutto l'esercito, spinse ciascuno a prendere le armi e portare aiuto alla città ormai occupata. Epicide dall'isola ( Isola di Ortigia), che i Siracusani chiamano Naso, partì con marcia veloce in direzione degli scontri, convinto di poter ricacciare i Romani. Ma quando incontrò i cittadini spaventati, li rimproverò di accrescere la confusione. E quando vide che i luoghi intorno all' Epipoli erano pieni di soldati romani, fece retrocedere i suoi verso l' Acradina. « Si racconta che Marcello, una volta entrato in Siracusa attraverso le mura [...] come vide davanti ai suoi occhi la città, che a quel tempo era forse fra tutte la più bella, abbia pianto in parte per la gioia di aver condotto a termine un'impresa così grande, in parte per l'antica gloria della città. » (Livio) E per evitare che l'intera città fosse data alle fiamme, ricordandone l'antica gloria, prima di muovere le insegne verso l'Acradina, mandò avanti quei Siracusani che in precedenza si erano uniti ai presidi romani, affinché con discorsi calmi e moderati, convincessero i Siracusani tutti, alla resa. Uno dei tre prefetti dell'Acradina era un certo Merico, di origine ispanica. A questi venne inviato un ambasciatore il quale, trovatolo senza testimoni, gli espose la situazione in Spagna, dove i Romani ormai dominavano quasi sull'intera penisola. A questi gli fu promessa salva la vita e la possibilità di militare tra le armi romane oppure di poter far ritorno in patria, in cambio della sua alleanza alla causa romana. Fu così che Merico, per non destare alcun sospetto presso gli altri mercenari, propose che a ciascun prefetto fosse assegnata una determinata posizione, in modo che ciascuno rispondesse della difesa di quel settore affidatogli. Tutti furono d'accordo. Nella distribuzione dei settori a Merico toccò in sorte quello che va dalla fonte Aretusa fino all'ingresso del grande porto. Egli allora si adoperò per farlo sapere ai Romani. Marcello dispose, quindi, che la notte seguente una quadrireme rimorchiasse una nave carica di soldati romani e che fosse condotta fino alla porta nei pressi della fonte Aretusa. Qui i soldati sarebbero sbarcati e accolti da Mercio. All'alba Marcello diede ordine di assalire l'Acradina con tutte le sue forze, in modo non solo da far rivolgere verso di sé tutti i difensori di quella parte di città, ma anche quelli dell'Isola di Ortigia che andavano a dar manforte ai primi. I soldati romani sbarcarono all'improvviso ed assalirono le postazioni nemiche quasi semivuote. Con un facile combattimento occuparono l'isola di Ortigia, abbandonata dalle guardie spaventate. E quando Marcello venne a sapere che anche l'Isola era stata presa e rimaneva in mano nemica la sola Acradina, odinò la ritirata dei suoi, per impedire il saccheggio del tesoro regio. Intanto anche Merico col suo gruppo di armati si era unito ai Romani. Terminato l'impeto dell'assalto e data una via di fuga a quei disertori che si trovavano nell'Acradina, i Siracusani erano finalmente liberi da ogni paura. Inviarono nuovi messi a Marcello, per chiedere l'incolumità per loro ed i loro figli. Il proconsole romano inviò all'isola di Ortigia un questore con una scorta di soldati per prendere in consegna e custodire il tesoro del re. L'Acradina invece fu abbandonata al saccheggio dell'esercito romano, dopo che erano state disposte delle guardie attorno alle case di coloro che si erano trattenuti presso i presidi romani. In quell'occasione trovò così la morte anche il grande scienziato siracusano Archimede, che fu ucciso per errore da un soldato. Il cordoglio di Marcello per quell'uccisione, vide lo stesso prendersi cura della sepoltura del genio matematico, mentre ai congiunti dello stesso, una volta che furono trovati, vennero onorati e difesi in memoria dello stesso. Fu così i Romani conquistarono Siracusa. In essa fu trovato un bottino tanto ricco che a stento si sarebbe trovato poi nell'occupazione di Cartagine, con la quale gareggiò per secoli alla pari.
L'assedio ebbe termine grazie al tradimento finale dell'ispanico Merico, consegnando definitivamente Siracusa nelle mani di Roma. Pochi giorni prima della presa della città di Syrakousai, Tito Otacilio Crasso passò dal Lilibeo ad Utica con 80 quinquiremi e, entrato nel porto all'alba, si impadronì di numerose navi da carico piene di grano. Quindi sbarcò e saccheggiò gran parte del territorio circostante la città cartaginese, per poi fare ritorno al Lilibeo due giorni più tardi, con 130 navi da carico piene di grano e di ogni sorta di bottino. Quel grano fu subito inviato a Syracusæ per evitare che la fame potesse minacciare vinti e vincitori. Siracusa così andò incontro al suo destino cadendo definitivamente in mano romana. Per questa importante vittoria il console Marcello ottenne un' ovazione (non un trionfo) ed entrò vittorioso a Roma col suo carico di ori e beni preziosi strappati alla città greca. Contemporaneamente giungevano da tutta la Sicilia ambascerie per incontrarsi con Marcello. Quelle città che, prima della presa di Siracusa, si erano arrese o non avevano mai abbandonato la causa romana, vennero accolte ed onorate come fedeli alleate; quelle invece che si erano arrese soltanto dopo la presa della città, furono costrette ad accettare dure condizioni di resa. Fu così che alcune zone della Sicilia rimasero in armi contro Roma, come intorno ad Agrigento, dove Epicide e Annone ancora resistevano oltre ad un nuovo comandante libio-fenicio, nativo di Ippacra, di nome Muttine, che Annibale aveva inviato al posto di Ippocrate. La Sicilia (provincia Sicilia) fu una provincia romana. Essa comprese la Sicilia e le rimanenti isole dell' arcipelago siciliano (incluso pertanto l' arcipelago maltese), anche se inizialmente rimasero formalmente indipendenti la Siracusa di Gerone II e Messina. La dominazione romana in Sicilia prende le mosse dalla vittoria di Torquato Attico e Catulo sulle truppe cartaginesi di Annone nella battaglia delle isole Egadi (combattuta, secondo la tradizione riportata da Flavio Eutropio e da Giovanni Zonara, il 10 marzo 241 a.C.), che chiuse, in favore dei Romani, la prima guerra punica . L'isola fu il primo territorio conquistato dalla Repubblica romana fuori dalla penisola italica e per questo diede luogo ad una nuova forma di amministrazione, forse ricalcata in parte sul modello che i Cartaginesi usavano per l'isola. Anche se è certamente in Sicilia che risiedono le premesse del nuovo istituto della provincia, non è chiaro se la Sicilia sia stata creata provincia per prima (in un qualche momento tra il 241 e il 227 a.C.) o se invece fu creata tale nel 227, in contemporanea alla provincia Sardinia et Corsica, quando ai già esistenti praetor urbanus (creato nel 366 a.C.) e praetor peregrinus (creato nel 242 a.C.) si aggiunsero due praetores provinciales, uno per la provincia Sicilia e uno per la provincia Sardinia et Corsica. L'isola sperimentò poi diverse ristrutturazioni amministrative, a partire dal 210 a.C., quando Marco Valerio Levino tolse l'autonomia alle poleis siceliote e conquistò anche la parte orientale dell'isola, di modo che la parte centro-occidentale prese il nome di vetus provincia, come testimonia Livio. La lex Rupilia del 131 a.C., nata dopo i moti della prima guerra servile, riformò ulteriormente l'amministrazione, senza comunque modificare né l'assetto sociale né l'economia basata sul latifondo. Durante la dominazione romana in Sicilia, fino al tempo di Cicerone, fiorirono le città delle coste settentrionale e orientale. Rimase vigorosa l'impronta greca dell'isola e il latino iniziò ad affermarsi solo nel I secolo a.C.. Con Augusto (imperatore dal 27 a.C.), la Sicilia fu affidata ad un proconsole, sempre dell'ordine senatorio, ma rimase una provincia publica : non si ritenne infatti di posizionarvi truppe, come si faceva per le province imperiali. Analogamente alle altre province amministrate da un proconsole, rispetto ai precedenti due, si ebbe un solo questore. L'imperatore Diocleziano, asceso al potere nel 284 d.C., riordinò le province, raddoppiandone il numero. La Sicilia rimase però una provincia a sé, entrando a far parte della Dioecesis Italiciana. Con Costantino I o più probabilmente sotto i suoi eredi, fu inclusa nella prefettura del pretorio d'Italia e nella diocesi dell'Italia Suburbicaria. Fino al V secolo l'isola godette di un periodo senza guerre e in essa non erano stanziate truppe. A partire dal 429 la Sicilia fu soggetta alle incursioni del vandalo Genserico. L'isola venne poi attaccata in forze nel 440, ma conquistata stabilmente solo a partire dal 468. Celebre è il detto di Catone il Censore (234-139 a.C.), secondo cui la Sicilia era "il granaio della repubblica, la nutrice al cui seno il popolo romano si è nutrito". Altrettanto celebre è il processo intentato a Gaio Verre, propretore della provincia dal 73 a.C. al 71 a.C., contro cui Cicerone pronunciò, per l'accusa, le orazioni In Verrem, che rappresentano uno delle fonti più importanti per la Sicilia dell'epoca.
Πηγή: https://it.m.wikipedia.org/wiki/Sicilia_(provincia_romana)
https://it.m.wikipedia.org/wiki/Assedio_di_Siracusa_(212_a.C.)
https://it.m.wikipedia.org/wiki/Archimede
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